Quanto è accaduto ad Aurora Leone alla vigilia della Partita del Cuore è diventato, giustamente, il caso mediatico delle ultime ore. Un episodio sconcertante che rappresenta l'ennesima dimostrazione di quanto in Italia esistano forme di sessismo e di quanto la parità di genere sia ancora lontana anni luce dalla quotidianità. L'attrice dei The Jackal è stata allontanata dal tavolo in cui sedeva con gli altri colleghi "perché donna" e "le donne non possono stare qui". Le è stato detto che "le donne non giocano a calcio" e per finire che "il completino può metterlo anche in tribuna", insomma un ventaglio di frasi sessiste e luoghi comuni, dette in un contesto in cui parole come inclusione e solidarietà dovrebbero essere fondanti e costitutive e, invece, finiscono per essere degli edulcoranti di scuse arrivate troppo tardi, dove più che di solidarietà femminile si è sentito odore di victim blaming.
La vicenda, ormai, è nota ma ripercorrere le tappe principali di quello che è accaduto può servire per comprendere a fondo quanto ci siano delle falle difficilmente appianabili nell'intera gestione della faccenda. Aurora Leone e Ciro Priello, membri dei The Jackal, sono stati convocati ufficialmente dalla Nazionale Cantanti per prendere parte all'evento benefico che ormai da decenni contribuisce alla raccolta fondi per la ricerca contro il cancro. Un obiettivo lodevole che ha sempre caratterizzato il match come un incontro goliardico, in cui il fine sportivo era nettamente posizionato in secondo piano rispetto a quello umanitario e sociale. Ebbene, non ci si aspetterebbe, quindi, che in un contesto del genere ci si avvicini ad una donna chiedendole di andar via e non per questioni di carattere logistico o organizzativo, no, ma le si chiede di allontanarsi in quanto donna.
Un concetto difficile anche da comprendere in un momento in cui si lotta quotidianamente affinché le donne vengano riconosciute, un concetto che stride fortemente con l'idea di uguaglianza che dovremmo aver interiorizzato nel 2021. Nonostante Ciro Priello e Aurora Leone non facciano mai esplicitamente il nome, dichiarano che ad impedire a quest'ultima di prendere parte attivamente alla partita sia stato il dirigente della Nazionale Cantanti, ovvero Gian Luca Pecchini, rivendicando il fatto che le donne non abbiano mai giocato.
Insomma, una vera e propria sagra del machismo come l'ha definita Fedez nel momento in cui la faccenda è esplosa sui social, dove il cantante ha toccato anche un punto fondamentale: nessuno dei presenti si è esposto nell'immediato davanti ad un fatto così eclatante. A seguito della denuncia dei due attori campani, però, molti sono stati gli artisti a sostenere la giovane Aurora, aspettando delle scuse da parte della Nazionale Cantanti che in prima battuta ha assunto un atteggiamento vagamente accusatorio dicendo "non tolleriamo minacce e maleducazione", quasi riversando la colpa sui due The Jackal.
In veste di Capitano e presidente della Nazionale Cantanti è intervenuto Enrico Ruggeri, il quale ha dichiarato che è stata avviata un'indagine interna sulla questione, di cui sarebbero colpevoli in primis "due volontari" e ha poi aggiunto: "Adesso il problema è la ricerca, ogni flessione di quello che succederà questa sera vorrà dire ricerca che stenta, vorrà dire persone che non ce la faranno, quindi qui abbiamo tutti una responsabilità". Un modo sottile per insinuare il dubbio che, semmai qualcosa dovesse andare male e la partita non dovesse giocarsi o non si dovessero raccogliere soldi, la colpa sarebbe di chi ha messo in piedi "un caso" dando meno importanza alla ricerca e più alle questioni di principio. Ed è questo che si intende con il su citato victim blaming: addossare le responsabilità a coloro che il torto l'hanno subito.
"L'unica cosa che posso fare è questa: se qualcuno la conosce dica ad Aurora che la aspettiamo" aveva continuato Ruggeri, che ha dimostrato di non sapersi muovere con destrezza su un terreno così cedevole, finendo per mettere insieme un principio di scuse che, al primo ascolto, non suonavano esattamente come sentite e partecipate. Un discorso perché andava fatto, perché era giusto così. A distanza di un'ora arrivano le dimissioni di Gian Luca Pecchini. Il dirigente della Nazionale Cantanti prende atto dell'accaduto e dopo il silenzio di queste ore, dopo il forfait dei cantanti più in vista, decide di togliersi la maglia del capo e di sottolineare l'importanza di un evento benefico che si ripete ormai da quarant'anni e, ovviamente, chiedendo di parlare personalmente con Aurora Leone.
Eppure, nonostante le scuse, questa vicenda non può non lasciarci l'amaro in bocca. Bisognerebbe prevenire piuttosto che curare, bisognerebbe stare al passo con i tempi e non rincorrerli, capire che non è più il momento di commettere errori così grossolani, figli di un'ignoranza radicata, una cultura stantia che non ha voglia di rigenerarsi. "Il calcio agli uomini e le borse alle donne" non è più un assunto fondamentale, forse non lo è mai stato, ma se prima le donne non avevano la voce che avrebbero meritato in quanto individui, ora che ce l'hanno non possono stare in silenzio davanti all'ennesima emarginazione. Sebbene, il vero dramma è che non si dovrebbe più parlare per rivendicare un diritto, (banalmente quello di esistere come individui), ma ormai dovremmo agire come se questo diritto non fosse mai stato messo in discussione.