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Opinioni

Quello del Commissario Montalbano è un fenomeno irripetibile

Un caso, per certi versi inspiegabile, che da anni rompe le logiche televisive e prosegue in una inarrestabile curva ascendente. E noi qui, stagione dopo stagione, a chiederci se Il Commissario Montalbano possa ripetersi, ancora una volta.
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A cura di Andrea Parrella
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Interroghiamoci su quello che accade ogni qualvolta Il commissario Montalbano faccia capolino in Tv con i nuovi episodi. In ordine sparso: le emittenti concorrenti iniziano a prepararsi per scappare dalla serata di messa in onda come farebbero dei bagnanti in spiaggia con l'arrivo di un temporale improvviso. Si resta a guardare attoniti le cifre degli ascolti registrati dai nuovi episodi e si parte con fantasiosi accostamenti al Festival di Sanremo o a una finale di Champions League con una squadra italiana in campo. Quando tutto sembra finito arrivano le repliche, che a loro volta attirano più telespettatori di quanto riesca a fare qualsiasi prodotto di grande successo della prima rete del servizio pubblico. Infine ci si mette alla finestra, in attesa dei nuovi episodi (i prossimi arriveranno nel 2020), chiedendosi se Il Commissario Montalbano arriverà mai a una conclusione.

L'iter è, al netto dei dettagli, quello su descritto e si sta puntualmente verificando anche stavolta. I due episodi della tredicesima stagione di Montalbano hanno saputo lasciare il segno in una maniera che va al di là dell'impianto narrativo dei racconti. Montalbano è assurto a mito, bene comune, risorsa collettiva. Le vicende del Commissario hanno costretto i politici a scendere in campo per il tema migranti trattato nel primo dei due episodi e hanno commosso gli appassionati con il ricordo del dottor Pasquano, il personaggio interpretato da Marcello Perracchio, attore siciliano scomparso alcuni mesi fa. Una sequenza, quella dei cannoli in commissariato, destinata a rimanere nella storia della fiction italiana come una tra le più significative.

Non è più una semplice serie televisiva, non lo è da tempo e non lo è forse mai stata. Ha il merito di aver consacrato definitivamente Andrea Camilleri ma, ancora di più, ha rappresentato un fiore all'occhiello per la fiction di casa nostra, in anni in cui la serialità televisiva di qualità non rappresentava ancora la nuova landa da esplorare.

Quello del Commissario Montalbano è un fenomeno, in parte inspiegabile per le dimensioni assunte, che non ha predecessori, ma che soprattutto non ha eredi. Immaginare un prodotto televisivo con la stessa fortuna non sarebbe solo ambizioso, ma semplicemente folle, antistorico, fuori dal tempo. Le dimensioni dell'evento che ogni volta si ripete sono forse paragonabili a un solo precedente illustre, "La Piovra". Ma erano altri anni, altri tempi, un'altra televisione.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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