Anche la nona stagione di Master Chef Italia è giunta al termine e già si avverte un po' di nostalgia, quel sentimento che emerge nel momento in cui siamo costretti a separarci da qualcuno o qualcosa che ci ha fatto stare bene. Strano a dirsi, ma la televisione ogni tanto continua a regalare dei momenti di sana e condivisibile emozione, in un'epoca in cui ci affidiamo ai sentimenti degli altri spesso tramite storie di fantasia, percepire l'adrenalina di una sfida sulla propria pelle è un elemento che non molti programmi televisivi or ora potrebbero vantare. E MasterChef è uno di quelli che, invece, potrebbe farsene vanto.
Gli chef, nuovi guru e sex symbol
Il connubio cucina-tv è sempre stato foriero di ottimi riscontri da parte del pubblico, un legame che nel tempo si è rafforzato ed è stato garante di un seguito che negli anni è cresciuto a dismisura, fino a delineare la nascita di un nuovo trend televisivo. Contro ogni aspettativa gli chef sono diventati i punti di riferimento di una professionalità sempre più ambita, nonché i nuovi sex symbol del panorama televisivo italiano. L'arte di cucinare e impiattare, coadiuvata dall'impazzare dei food blogger e dei patiti degli scatti prima dell'assaggio, ha fatto dei comuni spettatori degli attenti cultori del mangiare gourmet. Eppure, tutto questo non è andato ad inficiare la bonarietà con cui si svolge Master Chef.
Il talento è ancora una strada percorribile
Gli aspiranti chef, se nella prima edizione erano davvero dei cuochi amatoriali, esperti del consueto pranzo domenicale e poco avvezzi alle arti e tecniche culinarie, raffinate e impegnative, con il passare delle edizioni sono diventati più consapevoli, più agguerriti, ma soprattutto più preparati. Nel cooking show più famoso del mondo, perché Master Chef è un format di successo in circa 34 Paesi, la rivalità, seppur ostentata e talvolta esasperata, è pur sempre sana. Nessuno dei partecipanti ha voglia di apparire per restare in tv, il talent non è un veicolo per diventare famosi, sebbene la popolarità arrivi comunque. Partecipare al programma diventa il tramite per raggiungere un sogno, per realizzare qualcosa che autonomamente, forse, nessuno sarebbe in grado di costruire in poco tempo.
Perché, quindi, MasterChef è l'unico vero talent rimasto nella televisione italiana? Proprio per questo motivo. Persone comuni, come noi che sul divano di casa siamo lì a guardarli, si mettono in gioco, imparano nuove cose, vivono nuove esperienze. Aspiranti cuochi stellati di ogni età si gettano nell'ignoto e ci credono, ci provano, ce la fanno. MasterChef ci riporta nella condizione che un tempo era anche di Saranno Famosi, poi diventato Amici, del Grande Fratello quando era un esperimento antropologico e non il ricettacolo di vip o presunti tali. La missione: riportare in auge il talento e la passione dei singoli, di quelli che non vogliono apparire, ma di quelli che vogliono semplicemente riscattare una propria passione.
Vincere per passione e non per visibilità
La nona edizione di Masterchef, forse più di quelle precedenti, ci ha dato la dimostrazione che questo è ancora possibile. Non è così astruso pensare che "uno su mille ce la fa". La vittoria di Antonio Lorenzon, con il suo sogno di aprire un B&B in Costa Azzurra insieme al suo compagno è la manifestazione lampante del fatto che, molto più dell'arrivismo, della rivalità ottusa e della presunzione, a vincere è la goliardia, la capacità di giocare con sé stessi, con il pubblico e, in questo caso, con gli chef stellati che, in fin dei conti, sono lì per prendere parte allo show ricoprendo dei ruoli ben precisi. La formula a tre: Antonino Cannavacciuolo, Bruno Barbieri e Giorgio Locatelli si è dimostrata vincente.
Tra battibecchi, giudizi severi, gaffe e insegnamenti non c'è nulla che si possa rimproverare ai volti noti dello show e gli ascolti non fanno che avvalorare questo successo, con una media di telespettatori che ha sfiorato il milione e mezzo. Cosa vuol dire questo? Forse una cosa molto semplice: il pubblico ha bisogno di emozioni vere, di vivere il gioco come se ognuno di noi vi si stesse cimentando. Uscendo dalle dinamiche prettamente televisive che sono necessarie, MasterChef ci dà l'idea che si partecipa più per la gloria personale e per l'affermazione di una propria passione nel mondo, piuttosto che per la voglia di apparire, e nella televisione di oggi non c'è niente di più rassicurante che la volontà di rimanere sé stessi.