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Grande Fratello 2019

Quanto ci mancano gli “sconosciuti” del Grande Fratello

Il cast del nuovo Grande Fratello dimostra che se c’è una cosa che ci manca delle prime edizioni è l’anonimato dei concorrenti. Ma sarebbe ancora possibile un’edizione di perfetti sconosciuti in un’era in cui siamo tutti “conoscibili” con una scrollata di dito sullo smartphone?
A cura di Andrea Parrella
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Da due anni è ripartito il Grande Fratello nella sua versione tradizionale, quella in cui, in via del tutto teorica, chi ci entra è un ignoto, privo di alcuna esperienza nel mondo dello spettacolo e del tutto smaliziato da un punto di vista televisivo. Prospettiva, quest'ultima, che ha ormai i caratteri del miraggio, se consideriamo il tempo storico in cui viviamo e se guardiamo ai cast degli ultimi due Gf condotti da Barbara d'Urso (il secondo partito l'8 aprile, qui gli ascolti). Vere e proprie succursali del GfVip, essendo popolati da personaggi che, in una maniera o nell'altra, sono già schedati negli archivi di un certo sottobosco televisivo. Con buona pace di Ilary Blasi, conduttrice del Grande Fratello Vip, che a quanto pare non vedrebbe di buon occhio le versioni dursiane troppo simili al programma da lei condotto in autunno.

Non le si può dare torto. I due reality, così come sono costruiti, risultano troppo simili per non pestarsi i piedi. Nel cast del Grande Fratello ci sono la figlia di Rutelli e Barbara Palombelli, l'ex marito di Tina Cipollari, l'ex compagna di Morgan, solo tre esempi di personaggi che entrano in Casa con una storia già scritta, sulla quale al massimo si aggiungerà dell'altro. Inutile girarci attorno.

È un'era strana dal punto di vista televisivo, un tempo che quasi ci costringe a rievocare e rivalutare, attraverso il filtro della nostalgia, una stagione della Tv di cui abbiamo detto peste e corna: quella del Grande Fratello dei primordi, con le prime settimane trascorse a memorizzare i nomi dei concorrenti e non a chiedersi "aspetta, ma questo qui dove che l'ho già visto?". Oggi ci mancano i Salvo, i Fedro, gli Ascanio, i Pasquale, le Cristina, le Mascia, le Marina, le Katia, i Pietro, giusto per citarne alcuni in ordine sparso.

Ci manca l'anonimato puro. Le prime edizioni del Grande Fratello rappresentarono l'esaltazione massima dei quindici minuti di celebrità concessi a tutti, chiunque poteva "farcela" (a fare cosa, poi, non è chiaro) se si dimostrava capace di vincere la sfida dell'irrilevanza. Un'idea che contribuì a superare definitivamente la cifra minima di professionismo necessario per mettere piede in televisione. Oggi viviamo un altro capitolo della storia, quello in cui lo sconosciuto, di fatto, non esiste. Non tutti siamo noti, ma tutti siamo conoscibili.

Vedi uno che non sai chi sia in televisione e scopri che ha centinaia di migliaia di follower su Instagram (come ha dichiarato a Fanpage.it anche Salvo Veneziano, protagonista del primo Grande Fratello). Cessa il bisogno di farti conoscere un personaggio, perché scrollando col tuo smartphone lo scopri in dieci minuti. Si dirà che in questo modo la funzione ‘sociologica' del Grande Fratello va a farsi benedire, che il gioco di ruolo non esiste più. La verità è che le cose stanno così da dieci anni e, per spezzare una lancia in favore di Barbara d'Urso, l'impressione è che il suo modo di fare il Grande Fratello sia il solo possibile.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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