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Made in Italy, Greta Ferro: “Giorgio Armani ha cambiato la vita a me e a Irene”

La protagonista della serie Tv di Canale 5 che ripercorre la gloriosa epoca in cui la moda italiana conquistò il mondo, si racconta a Fanpage. Dai primi passi come modella alla formazione da attrice, in mezzo quell’incontro con Armani che è stato cruciale per lei come per la Irene Mastrangelo di Made in Italy: “In un certo senso è come se il suo percorso diventasse il mio”.
A cura di Andrea Parrella
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L'era gloriosa del made in Italy, il trionfo della moda italiana nel mondo, sembra qualcosa di lontano nel tempo. Un'idea che sopravvive come mito e che in questi ultimi anni, salvo rare eccezioni, è stata evocata soprattutto con il fare nostalgico del non è più come una volta. A raccontare quegli anni e quella stagione ci pensa l'omonima serie Tv, Made in Italy, disponibile su Amazon Prime Video e dal 13 gennaio in onda su Canale 5. La protagonista è Greta Ferro, che col personaggio di Irene Mastrangelo incarna lo spirito del tempo, le intuizioni, la fantasia e l'iniziativa che stanno alla radice di quell'epopea.

Classe 1995, nata a Vasto, studi in Bocconi alle spalle, Greta Ferro muove i primi passi nella moda, ma ha l'ambizione di chi sembra guardare oltre un orizzonte predefinito e, dopo un ruolo in un cortometraggio di Armani, scopre la recitazione. La sua giovane età non le impedisce di consolare l'intervistatore che vi sta scrivendo, quando quest'ultimo denuncia, con una certa invidia per i suoi 25, i 33 anni che quasi vive come un peso: "Sei giovanissimo, fino a quando passerai 45 minuti prima di scegliere un aspirapolvere, sei al sicuro". In attesa di cimentarmi nella prova dell'aspirapolvere, ho chiesto a Greta di raccontarsi.

La tua formazione non sembra lineare e consueta. Ti definisci modella, attrice, o metti una croce sulla casella "altro"?

In generale respingo la necessità di inquadrare le persone in un ruolo per avere di loro un'idea. In questo periodo, soprattutto per quello che è la mia crescita, dico che non mi piace chiudermi in una definizione. Ho iniziato come modella e poi sono diventata attrice, due cose che oggi porto avanti allo stesso modo. Sto studiando molto dal punto di vista della tecnica attoriale, ma mi prendo anche cura di me, perché per quanto riguarda la moda questa cosa è fondamentale. In questo momento mi sento un po' imprenditrice di me stessa, in fondo lavoro con personalità e corpo allo stesso modo.

Credi quindi che le due cose, sfilare e recitare, possano camminare di pari passo?

Finché riesco sì, poi per ovvie ragioni che quello della modella, fatta eccezione per quelle che sono state le più grandi al mondo, è un lavoro a tempo. Però sto provando a costruire una carriera che mi permetta di lavorare in entrambi questi campi per tanto tempo.

Non percepisci però un generale pregiudizio sulla professione di modella? Il fatto che sia legata al corpo e all'immagine, la relega quasi ad un ruolo di serie b.

Certo, su questo concordo, ma è qualcosa che spero di contribuire a scardinare.

Il ruolo che hai in Made in Italy mette insieme questi due mondi, ti è servito a capire quale strada volessi seguire?

È stata una grande esperienza, mi ha fatto comprendere che nella mia vita volessi fare quello. Era una cosa che avevo già capito quando ho fatto "Una giacca", il corto per Armani che è stato di fatto il mio debutto. Tutti quei colori, quell'atmosfera, quando sono arrivata sul set io ho pianto, mi sono detta che era quello che avrei voluto fare per tutta la vita.

Una cosa che funziona in Made in Italy è lo spirito del tempo, quegli anni in cui tutto era possibile e meno schematico, gerarchico e bloccato di quanto lo sia oggi. Il modo in cui Irene entra al giornale "Appeal" e la facilità con cui riesce a farsi notare sono significativi.

L'impressione è che gli anni Settanta siano stati davvero un periodo in cui tutti potessero fare tutto. Magari anche con più fatica di quanta ce ne vorrebbe adesso, ma il fermento culturale, politico ed economico di quell'epoca implica che si trattasse di anni in cui tutto era concesso e più semplice di quanto lo sia adesso. Basti pensare alla difficoltà, pratica e psicologica, davanti alla quale può trovarsi un neo laureato che deve entrare nel mondo del lavoro. Tutto è più complesso, ma non credo che questo ci impedisca di vivere un sogno. Nel mio piccolo lo sto vivendo e per forza di cose devo crederci.

Il cast della serie, da sinistra: Maurizio Lastrico, Fiammetta Cicogna, Greta Ferro, Margherita Buy, Marco Bocci.
Il cast della serie, da sinistra: Maurizio Lastrico, Fiammetta Cicogna, Greta Ferro, Margherita Buy, Marco Bocci.

La storia di Made in Italy è solo apparentemente autoconclusiva, in realtà ci sono elementi che lasciano pensare a una seconda stagione. Tu come la vedi?

Non sappiamo cosa accadrà alla serie, una cosa però è certa: il racconto della vita di Irene è uno strumento per raccontare la moda in Italia negli anni Settanta, ma esistono anche gli anni Ottanta, che sono stati fondamentali per la moda italiana e la struttura della società. In questo senso il racconto potrebbe continuare in funzione del racconto di un'altra epoca.

La serie è un chiaro omaggio a Franca Sozzani. La conoscevi prima di lavorare alla serie e secondo te in che modo Made in Italy riesce a trasmettere ciò che lei ha rappresentato per il mondo della moda?

Di Franca Sozzani mi ha sempre colpito la modernità di pensiero. Io mi sono avvicinata molto di più al personaggio quando ho avuto modo di studiare e capire le sue scelte e la parola "scelta" non è casuale. Lei è stata una pura avanguardista nelle scelte che ha fatto, la prima ad aver messo in copertina una donna dalla pelle nera, era una donna molto più avanti del tempo in cui ha vissuto e credo che la serie raccolga nel mio personaggio, ma non solo, questo spirito.

C'è chi ha visto in Made in Italy una similitudine con Il diavolo veste Prada, in particolare nel rapporto che c'è tra il tuo personaggio e quello di Margherita Buy. Che ne pensi?

Posso capirlo, a primo impatto una similitudine c'è e lo dice una persona che ha adorato profondamente quel film e le sue interpreti. Però l'impostazione dei personaggi e il rapporto stesso tra le due è completamente diverso. Rita crede tantissimo in Irene, la accudisce, le vuole bene e la sceglie. Se si guarda la serie con attenzione le differenze sono chiare.

Oltre a Made in Italy ti abbiamo vista qualche settimana fa in Chiara Lubich. Al momento stai lavorando ad altro?

Non in questo momento, sto continuando a studiare e ho imparato che, dato che questo è un mestiere estremamente altalenante, provo a sfruttare i periodi più calmi e tranquilli. Sto studiando tecnica, canto, pianoforte.

La televisione generalista ti sta dando grande visibilità, ma tu guardi la Tv?

No, molto poco. Guardo il telegiornale ma poca televisione in generale. Ho sempre preferito guardare film e sono un'amante del cinema proprio come esperienza, quella di andarci, di andare in sala, cosa che spero presto potremo tornare a fare. E non penso sia casuale che in questo periodo storico, grazie anche alle piattaforme streaming, finiamo tutti lì, a vedere serie o film.

Hai parlato di "Una giacca", il cortometraggio per il quale fosti scelta da Armani. Per un'insolita coincidenza lo stilista è una svolta nella tua vita così come lo è per quella del personaggio di Irene Mastrangelo.

Sì e questo ha reso ancora più forte l'esperienza di incontrare il Giorgio Armani giovane (Raoul Bova nella serie, ndr) sentendolo parlare di quelli che sono stati i suoi valori sin dall'inizio. La cosa è stata molto emozionante.

Raoul Bova, Giorgio Armani nella serie "Made in Italy"
Raoul Bova, Giorgio Armani nella serie "Made in Italy"

Si è trattato di una semplice e pura casualità?

Assolutamente, la serie era già scritta prima che venissi scelta e aggiungerò che non è la sola analogia tra la mia storia e quella di Irene, ma le altre le tengo per me perché sono private. In un certo senso è come se il suo percorso diventasse il mio, sia dal punto di vista personale che lavorativo. Ma io sono filo buddista, cerco sempre un filo conduttore che leghi quello che accade, non escludo qualcun altro liquiderebbe la cosa con un semplice "vabbè…".

Talvolta rifugiarsi dietro un "vabbè" evita tante domande. 

Già, è vero, su questo sono assolutamente d'accordo. 

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