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Generazione 56K, la recensione: la serie dei The Jackal è la cosa meno The Jackal di sempre

Generazione 56K, dal 1° luglio su Netflix, è la cosa meno The Jackal che il gruppo abbia mai fatto. Otto episodi che giocano con i ricordi, con i “what if” della nostra esistenza, che regalano un’idea dell’amore tradizionale in una struttura che questa idea la tradisce di continuo. È il paradosso di ogni tempo e di ogni generazione.
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Com'è Generazione 56K, la nuova serie dei The Jackal? È probabilmente la cosa meno The Jackal che il gruppo abbia mai fatto. Il primo indicatore, il più superficiale, è la presenza di Fabio Balsamo e Fru in ruoli che non sono quelli di se stessi; c'è uno sforzo, piccolo ma fondamentale, da parte dei due di interpretare Sandro e Luca tenendo a distanza di sicurezza i loro avatar. Certo, Fabio Balsamo – e il resto del gruppo che qui non c'è – lo aveva già provato a fare con Addio Fottuti Musi Verdi con scarsi risultati, ma anche in quel caso il gruppo aveva provato a battere una strada meno facile e che, semplicemente, prima di allora non c'era.

Daniel e Matilda, un amore tra passato e presente

Generazione 56K resta nel canone della storia di formazione, giocando su due linee temporali, il passato e il presente, mettendo al centro di tutto la storia di Daniel e Matilda, bene interpretati da Angelo Spagnoletti e Cristina Cappelli. Il passato è in prevalenza Procida, il presente è Napoli. Su questi due fili, su questi due luoghi, si sviluppa l'amicizia di Daniel, Sandro e Luca. La loro passione per la tecnologia, la fantascienza (e il porno, vedi: La principessa Betulla), si è tradotta nello sviluppo di applicazioni in serie per un'esosa e ambiziosa società (il cui CEO è interpretato da Massimiliano Rossi). D'altro canto anche il gruppo delle amiche – su cui svetta, oltre alla protagonista, la Ines di Claudia Tranchese, caratterista in stato di grazia che rivedremo presto anche in Gomorra 5 – non se la passa bene tra matrimoni annacquati, andati a male o in procinto di esserlo. Tutto gira infatti sui preparativi del matrimonio di Matilda con quello che apparentemente sembra l'uomo perfetto e su un piccolo grande equivoco: un appuntamento al buio con Daniel, al quale Matilda si presenta per puro caso, che risveglia i vecchi ricordi, i vecchi odori e tutti i come sarebbe stato se.

La serie, nata da un'idea di Francesco Ebbasta – che dirige i primi quattro episodi e firma anche il soggetto, con Davide Orsini, e la sceneggiatura, con Costanza Durante e Laura Grimaldi – regala un'idea dell'amore tradizionale in una struttura che quest'idea la tradisce di continuo. È il paradosso di ogni tempo e di ogni generazione, lo stesso con il quale ha fatto i conti anche il Troisi di Pensavo fosse amore invece era un calesse (anche qui c'è un Enea di troppo, interpretato da Sebastiano Kiniger: un'ovvia e apprezzata citazione).

Dal 1° luglio su Netflix, la serie – prodotta con Cattleya e la collaborazione di Ciaopeople – arriverà sulla piattaforma con tutti i suoi 8 episodi. Provate a non amarla, se ci riuscite. In tre lustri, i The Jackal hanno sperimentato nuove tracce, hanno fatto da esempio e hanno aperto un mercato. Ora che stanno attraversando la fase più mainstream e multiforme della loro carriera – sono presenti su RaiPlay con gli Europei a casa The Jackal, hanno vinto LOL su Prime Video, adesso la serie su Netflix e la prossima stagione promette scintille con Ciro Priello a Tale e Quale Show – i The Jackal lo stanno facendo con spalle sempre più larghe cercando di modificare e adattare il proprio linguaggio sui diversi canali di destinazione. Generazione 56K è il primo vero tassello di questo adattamento, il più riuscito.

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Gennaro Marco Duello (1983) è un giornalista professionista. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa di Napoli. Lavora a Fanpage.it dal 2011. Ha esordito nella narrativa nel 2022 con il romanzo Un male purissimo (Rogiosi). California Milk Bar - La voragine di Secondigliano (Rogiosi, 2023) è il suo secondo romanzo.
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