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Perché Sanremo non si può fare col pubblico: cosa dice la legge

Il Teatro Ariston è un teatro o uno studio televisivo? È qui che si sta giocando la partita tra il Ministro Franceschini e tanti artisti teatrali e il Festival di Sanremo. Abbiamo cercato di capire qual è, ad oggi, la situazione dell’Ariston in cui da anni si tiene la kermesse e il perché solo oggi ci sia posti questo problema.
A cura di Francesco Raiola
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Il Teatro Ariston è un teatro o uno studio televisivo? È qui che si sta giocando la partita tra il Ministro Franceschini e tanti artisti teatrali e il Festival di Sanremo. Da giorni Rai e Amadeus stanno spingendo per la soluzione di un festival con un pubblico di figuranti, persone pagate, quindi, cercando di trattare il Festival di Sanremo come se fosse una qualsiasi trasmissione televisiva. Si cerca, quindi, un escamotage per poter portare a compimento una 71a edizione di un Festival che, al momento, deve combattere con non pochi ostacoli, tra cui i Dpcm che cambieranno il prossimo 15 febbraio e le cui regole sono valide fino al 5 marzo e con una finale che, al momento, non è coperta da alcuna regolamentazione. E non sono questioni da poco.

Il ministro Franceschini dice no a Sanremo con il pubblico

Innanzitutto il pubblico. Amadeus ha ribadito ancora una volta, in un incontro in Rai, che Sanremo senza pubblico non vuole farlo  ed avrebbe minacciato di lasciare la conduzione del Festival. Ma questa cosa non trova d'accordo pezzi grossi del Governo come il Ministro della Salute Roberto Speranza che in una lettera ha ribadito che "Per quanto concerne gli spettacoli che si svolgono in sale teatrali – qual è, per l'appunto, il Festival di Sanremo – restano vigenti le prescrizioni di cui all'articolo 1 comma 10 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021, che consente lo svolgimento degli spettacoli in assenza di pubblico"seguito a ruota dal Ministro della Cultura Franceschini che questa mattina ha spiegato che "il Teatro Ariston di #Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito ieri il ministro @robersperanza, il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile".

L'Ariston è un teatro e non uno studio TV

Chi ha ragione? La risposta non è delle più semplici, perché il problema si è posto ad hoc per il Festival. Ad oggi, tecnicamente, potrebbe avere ragione il Ministro Franceschini, dal momento che teatro e studi tv hanno, per esempio, situazioni catastali diverse: il teatro Ariston è categoria D/3 stando a una visura catastale fatta da Fanpage.it. Nella categoria D/3 sono inclusi "Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili (con fine di lucro)" mentre gli studi televisivi sono inclusi nella categoria D/7 ovvero "Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni" come per gli Studi Rai Fabrizio Frizzi, accatastati in questa categoria. Insomma, categorie diverse con specifiche diverse, e non è detto che basti che la Rai entri per trasformarlo automaticamente in studio televisivo. Quindi, bisognerebbe adeguare il teatro alle normative di uno studio televisivo, cercando di capire anche cosa dirà il protocollo creato ad hoc per Sanremo. Ma in che modo un teatro può dirsi equiparato a uno studio televisivo? Non è solo un cavillo tecnico, nel senso che è ovvio che Sanremo sia un programma tv, ma fatto in un teatro, questione che gli altri anni poteva essere tranquillamente bypassato ma che quest'anno assume un significato preciso perché regolamentato in maniera più stringente dal Dpcm che recita, testualmente che nei teatri "sono sospesi gli spettacoli dal vivo con presenza di pubblico. Resta invece confermata la possibilità di organizzare spettacoli da trasmettere in streaming o di utilizzare gli spazi come ambienti per riprese cinematografiche e audiovisive, nel rispetto delle misure di sicurezza previste per tali attività".

Come sarebbe possibile sanificare un teatro – allorché lo si riesca ad adibire a studio televisivo in un mese e cambiare la destinazione d'uso – per uno spettacolo che dura circa cinque ore? E nel caso uno dei figuranti si ammalasse sarebbe prevista una bolla? Non è ancora chiaro, a poco più di un mese dal Festival, quale sarà il protocollo sanitario e anche la FIMI (Federazione industria musicale italiana) comunica di aver "adottato oggi formalmente il protocollo predisposto da AFI, FIMI e PMI con le linee guida che saranno seguite dalle case discografiche al Festival di Sanremo" ma che questi "potrà essere integrato e modificato a seguito dei provvedimenti adottati da CTS e RAI con i quali le associazioni avranno un’interlocuzione". Ovviamente Sanremo è da sempre un programma televisivo più che un live – e questo sconcerta molti che non capiscono le critiche del mondo teatrale -, ma in tempi di restrizioni e di regole stringenti sarebbe bene riuscire a definire dei confini precisi. E nelle ultime ore anche il Cts, intanto, continua a esprimere perplessità sul teatro, appunto, anche dopo un incontro della Rai, stando a quanto scrive l'Ansa, che a sua volta tratta la questione come se l'ingresso in teatro lo trasformasse automaticamente.

Perché Franceschini ha parlato solo oggi?

Ma c'è un'altra domanda che sorge, oggi, e ha a che fare con le tempistiche: come mai solo oggi il Governo si ricorda che la Rai, televisione pubblica, dipendente direttamente dal Ministero dell'Economia, non può muoversi come da settimane mostra di volersi muovere? Sono tante le dichiarazioni pubbliche in cui i responsabili del Festival di Sanremo esprimono la volontà di avere pubblico all'Ariston, paventando addirittura una nave da crociera che avrebbe dovuto fare da bolla per qualche centinaio di persone che nelle intenzioni degli organizzatori avrebbero dovuto essere poi trasportate verso e dall'Ariston. Insomma, il "problema pubblico" sarebbe potuto essere risolto senza troppi problemi con qualche telefonata in più, non giorni fa, ma addirittura mesi fa, dal momento che si sa da sempre che nelle prossime la pandemia non sarebbe stata risolta. Eppure non c'è stata volontà di risolvere e Franceschini si trova da una parte a porre un divieto preciso, dall'altra a essere oggetto di una domanda semplice: perché solo ora?

Il DPCM è in vigore fino al giorno prima della fine di Sanremo

E qui sorgono altri due problemi. Cosa succede se il prossimo 15 febbraio il Governo fosse costretto a una chiusura più stringente del Paese, con la Liguria in zona rossa, ad esempio, e la reintroduzione straordinaria di codici Ateco per i lavoratori? I figuranti come potrebbero muoversi? Di quali codici ATECO si parla? Ma soprattutto resta l'incognita del 6 marzo. Il DPCM, infatti, è in vigore fino al 5 marzo, quindi si può ragionare, più o meno, fino a quel giorno (bisogna sempre anche capire cosa succederà dal 15 febbraio in poi), ma per il 6 non ci sono notizie e nessuno può dire, quindi, cosa succederà e con quali regole dovrà confrontarsi il Festival di Sanremo. I punti di domanda, quindi, restano molti, la comunicazione tra Rai e Governo e di Rai e Governo con l'esterno molto complesse, e poco chiare, con Amadeus a fare da principale parafulmine, assumendosi anche responsabilità non sue. Forse si potevano ipotizzare vari scenari già mesi fa e dare il via a una serie di concertazioni per non farsi terreno bruciato intorno. Ora tocca correre contro il tempo perché, in fondo, il 2 marzo è dietro l'angolo.

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