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Pamela Prati e il caso Mark Caltagirone

La telenovela perfetta

La confessione di Pamela Prati sembra mettere un punto alla vicenda mediatica più assurda degli ultimi anni. Un racconto transmediale che ha monopolizzato indistintamente Tv, web e giornali per settimane, grazie a un mix perfetto di elementi narrativi, al punto da sembrare scritta a tavolino. A proposito: scritta da chi? Vorremmo fargli i complimenti.
A cura di Andrea Parrella
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Chi si ricorderà di Topazio e La forza dell'amore, di Aroma de Cafè e di Regina, del Segreto e di Sentieri, di Beautiful e delle più emblematiche telenovelas e soap opera degli ultimi decenni, dopo la storia di Pamela Prati e Mark Caltagirone? L'anno domini 2019 in Italia verrà ricordato anche come quello in cui una vicenda nata da una notizia di cronaca rosa è diventata tema nazionale. Non solo perché citata dai politici, spinti dal contesto di campagna elettorale a innestare nel loro linguaggio temi nazional popolari per ovvie ragioni di consenso, ma perché l'epopea dello sposo che non esiste ha invaso qualsiasi campo sociale, strato culturale, luogo di conversazione. Lì dove governasse il disimpegno, nelle ultime settimane non si parlava d'altro.

Sono poche le storie in cui l'inverosimiglianza dei fatti raccontati sia stata così distante dalla convinzione con cui gli attori protagonisti l'hanno sostenuta e messa in scena. E quella appena scritta non è affatto l'accusa di chi non crede a quanto accaduto, ma il commento di chi è appena uscito da teatro e valuta della credibilità di ciò che ha visto un attimo prima di decidere dove andrà a mangiare una pizza. La trama è stata impeccabile, gli attori ingaggiati in una prova di inconsapevole e onesta finzione, nata per essere messa in scena e riuscitissima per il rispetto del patto tacito stretto con il pubblico, che non deve conoscere il finale se si desidera che resti incollato alle pagine, allo schermo, o allo smartphone che sia.

Questa storia possiede una combinazione di ingredienti narrativi di inaudita potenza. L'amore, i sentimenti di un volto noto del mondo dello spettacolo dalla complessa e irrisolta vita sentimentale, giunta alle soglie di un traguardo importante quando ha raggiunto i 60 anni d'età, che cede lentamente spazio all'incognita di un personaggio misterioso e sconosciuto, ai sospetti di un inganno, al possibile raggiro e, più di tutto, all'incapacità di comprendere chi sia colpevole e chi vittima.

Un rebus avvincente la cui spina dorsale ripercorre lo schema dei racconti televisivi di soap opera: continui snodi, colpi di scena, clamorosi risvolti spesso imponderabili che proprio per questa propensione al surrealismo, anche dopo l'ammissione della Prati lascia aperti spiragli a possibili scenari futuri.

La forza del Prati-Caltagirone gate è stata anche quella di riuscire ad essere ibrida, transmediale e trasversale: originata da un complesso intreccio di profili Instargam e Facebook farlocchi, è arrivata in televisione e da lì ha solleticato l'interesse della stampa, contaminando ogni ambito mediatico e abbattendo le barriere tra categorie che non sempre riescono a convivere armonicamente in un unico spazio di discussione.

E poi ci siamo noi, il pubblico che ha assistito, prima deriso e poi discusso di una vicenda nata sotto la luce del trash televisivo puro, passando attraverso assurdità e paradossi, fino ad assumere dei tratti sconvolgenti e quasi terrificanti. Il nostro contributo da spettatori è stato fondamentale per conferire autorevolezza a una vicenda che parrebbe incredibile se tentassimo di riassumerla a un uomo che abbia vissuto l'ultimo mese e mezzo chiuso in una bolla di vetro. Una storia è buona se trova qualcuno disposto a crederci. Noi abbiamo deciso di farlo e a tal proposito una sola domanda resta: chi l'ha scritta? Meriterebbe i complimenti, è stata la telenovela perfetta.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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