"È un arrivederci e non un addio", con queste parole Cesare Bocci ha rassicurato i fan di Viaggio nella Grande Bellezza che da giorni protestavano rumorosamente per la chiusura anticipata del programma di approfondimento culturale, in onda su Canale 5. Martedì 19 gennaio è andata in onda l'ultima puntata della trasmissione condotta dall'attore, con le altre due puntate dedicate alla città di Torino destinate, molto probabilmente, ad un cambio di orario o a una messa in onda evento, in coincidenza di una determinata data simbolica.
Ciò che ha generato una reazione nervosa alla decisione di Mediaset, è esattamente la ragione di questa scelta: gli ascolti. Il caro, vecchio, serpente che si morde la coda. Un programma va in onda in Tv, raccoglie un riscontro inferiore a quello preventivato, quindi viene fermato o spostato. E chi il programma lo aveva visto contesta. Qui si aggiunge anche un tradizionale equivoco nel dibattito televisivo italiano, contaminato dall'idea che Mediaset, in quanto principale concorrente della Rai sia obbligata a garantire un prodotto al di sopra di una certa soglia qualitativa.
Come sono andati gli ascolti del programma con Cesare Bocci?
In realtà gli ascolti di Viaggio nella grande bellezza giustificano e come la chiusura anticipata del programma. Secondo una logica meramente commerciale si tratta di numeri lampanti. Il programma parte con 2.327.000 e il 12.4% di share nella prima puntata del 18 dicembre 2019, per poi ritornare un anno dopo, il 19 dicembre 2020 con 1.720.000 e il 7,9% di share. Una settimana dopo, il 5 gennaio 2021, cresce a 2.146.000 10,1%, per poi precipitare a 1.751.000 con l'8,4% di share per la puntata dedicata a Roma del 12 gennaio e chiudere con 1.665.000, 8% di share per l'ultima puntata del 19 gennaio.
Poco sostegno pubblicitario al prodotto, un programma fuori dalle logiche di Mediaset, serata sbagliata, la sensazione che l'azienda non creda fino in fondo in certi prodotti. Possono essere diversi i criteri con i quali dissezionare il flop di ascolti di Viaggio nella grande bellezza, ma appare logico lo stop di Mediaset al programma, immaginando una ricollocazione più fortunata. Molto spesso si commette l'errore di credere che un titolo di prima serata come quello condotto da Bocci equivalga a una fiction, o a una puntata di Live – Non è la d'Urso o del Grande Fratello Vip. Ma non è così e sono i meccanismi basilari della televisione commerciale a spiegare una cosa apparentemente noiosissima, che proveremo a riassumere in pochissime parole: ogni programma comporta un costo di realizzazione e, di conseguenza, delle aspettative in termini di ascolti.
Perché era giusto fermare il programma
Evidentemente i numeri di Viaggio nella grande bellezza sono al di sotto di quelli che l'azienda di Cologno Monzese si aspettava a fronte dell'investimento fatto, criterio adottato anche in casi come quelli delle fiction Il Processo e Il segreto dell'acqua, sottoposti a ricollocazioni più redditizie. "È molto facile essere buoni, difficile è essere giusti", scriveva Hugo in un passaggio de I Miserabili e, in una televisione privata che si basa su logiche commerciali, non si va tanto per il sottile. Chiudere il programma era difficile, un sacrificio, ma la cosa più giusta. Questo dovrebbe aiutarci anche a capire che esigere determinati standard da Mediaset non porti da nessuna parte.
Perché Live – Non è la d'Urso e il GF Vip non chiudono?, vi chiederete. È molto semplice: oltre a portare a casa dati di ascolti decisamente più alti di Viaggio nella grande bellezza, hanno anche una durata tale da permettere di ammortizzare i costi iniziali del programma. Questo ci fornisce una risposta al perché di questa durata infinita del Grande Fratello Vip, giunto alla 34esima puntata, che supererà nettamente le 40 con la finale di lunedì 3 marzo.
La "crisi" della cultura in Tv dopo il boom del 2016
Un altro aspetto utile a spiegarci la mancata riuscita dell'operazione Viaggio nella grande bellezza è il progressivo sgonfiarsi che sta caratterizzando la bolla della cultura in Tv. Il boom del genere si può far risalire al 2016, quando con il format Stanotte a… Alberto Angela è riuscito a realizzare numeri da capogiro, degni delle fiction di prima serata di Rai1. I 4.226.000 e il 19,33% di share del 9 giugno con Stanotte a Firenze, i 5.976.000 e il 25,40% di share di Stanotte a San Pietro del 27 dicembre, convincono la Rai a tentare addirittura la sfida del sabato Alberto Angela/Maria De Filippi, lotta dalla quale il divulgatore riesce alcune volte ad uscire addirittura vincitore. Nel 2019 Meraviglie arriva a toccare i 5.662.000 con il 23,84% e addirittura i 5.823.000 con il 23,81% di share il 18 gennaio.
È naturale che il programma con Cesare Bocci origini da quel successo e provi ad emularne l'approccio, con risultati che in termini tecnici e di riuscita sono apprezzabili. Il contenuto ha grande valore in termini divulgativi, oltre che per l'impatto visivo e le capacità di Bocci. Nel frattempo, però, il fenomeno della cultura in Tv, in particolare in prima serata, è stato sottoposto a un processo di normalizzazione che ne ha depotenziato il carattere di evento, riportando questo genere di contenuti ad una dimensione di pubblico più contenuta, come confermano i dati delle ultime due edizioni di Stanotte a… e Meraviglie, ancora notevoli se si considera il genere, ma non più di carattere esplosivo. Forse, la mancata riuscita di Viaggio nella grande bellezza sta anche qui.