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Il Collegio 5

Il Collegio, la prof. Petolicchio: “La mia severità non mortifica, i miei studenti lo sanno”

Chi è Maria Rosa Petolicchio, dove insegna, che professoressa è nella vita, come è arrivata al Collegio. La professoressa del docu-reality di Rai2 si racconta a Fanpage.it, dalla volta che si è vista ai Nuovi Mostri di Striscia La Notizia, sul podio con Malgioglio, alla sua fama di severissima, fino al suo rapporto con Instagram: “Quando mi chiedono una foto in strada chiedo ‘vuoi davvero che te la rovini'”?.
A cura di Andrea Parrella
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Dà sempre del lei al suo interlocutore, Maria Rosa Petolicchio, anche quando non veste i panni dell'integerrima professoressa del Collegio 4. La quarta edizione del docu-reality finisce e il programma di Rai2 si è definitivamente imposto come fenomeno di costume, oltre che programma televisivo di successo in fatto di numeri.

E la professoressa Petolicchio, con quel rigore e quella severità divenuti ormai proverbiali, è un personaggio che ha trovato una collocazione perfetta nella narrazione del programma prodotto da Magnolia-Banijay. Ci accoglie in casa sua, nel salernitano, in un sabato pomeriggio in cui anche i docenti si riposano, mostrando una semplicità e una leggerezza di spirito che, guardando il Collegio, sono apparentemente insospettabili.

Maria Rosa, sgomberiamo subito il campo da dubbi: lei insegna anche nella vita?

Assolutamente sì, insegno matematica e scienze presso l'istituto comprensivo Pontecagnano S.Antonio, in provincia di Salerno. Insegno nelle scuole statali dal 2001 e lo faccio per scelta. Nasco biologa all'Università, mi sono specializzata e ho fatto analisi in laboratorio e l'ho fatto sino a quando sono stata supplente, parallelamente alle lezioni private. Poi è arrivato il primo incarico, quando ho scelto di lasciare il laboratorio per dedicarmi solo alla scuola, che è sempre stata nei miei sogni di bambini. Mi sono sempre vista così. 

Una predilezione che deve essere stata evidente anche per gli autori del Collegio quando l'hanno scelta. Come andò il provino?

Il provino fu particolare. Io devo ammettere di aver barato un po’, perché tra le tante informazioni richieste c’erano le misure e siccome io avevo messo qualche chilo nel periodo precedente e sul foglio di compilazione scrissi taglie meno “generose”, nella convinzione che non avrebbe avuto importanza. L’altezza era vera, così come il numero di scarpe, la taglia non proprio. I nodi vennero al pettine per i costumi del programma, cosa che non mi aspettavo.

In che modo, secondo lei, è riuscita a fare centro alle selezioni?

Al provino simulammo una lezione su un argomento a piacere con due responsabili del programma, mi dissero di rapportarmi a loro come fossero degli alunni. Una delle due era terribile, una vera collegiale. Smanettava con il suo smartphone durante la lezione, mi faceva dispetti, interrompeva continuamente la lezione con il pretesto di andare ai servizi igienici. Glielo negai dicendole che voleva solo infastidirmi. Le dissi che senza la matematica lei quello smartphone tra le mani nemmeno lo avrebbe avuto. Quella fu la svolta.

Le dissero subito sì?

Mi dissero che poteva bastare. Nel viaggio di ritorno mia figlia mi diceva: “Mamma, io sono sicura che verrai presa perché tu sei un soggettone. Una così non se la lasciano perdere”. Dopo pochi giorni mi chiamarono dicendo che il mio provino era piaciuto in Magnolia e che sarebbe passato al vaglio della Rai. Eravamo in tre a concorrere per quel posto e io dissi che comunque sarebbe andata io avrei vinto una medaglia. Grande fu lo stupore nel ricevere la chiamata in cui mi annunciavano di essere stata scelta.

Quanto è diversa diversa la professoressa Petolicchio di tutti i giorni da quella del Collegio?

Diverso è il contesto. Ho cominciato la mia avventura nel Collegio 2 e bisognava adeguarsi al 1961, un tempo in cui la scuola non prevedeva un rapporto interpersonale tra alunno e docente. C’era solo da mettersi in cattedra e trasmettere delle cose. Io mi sono adeguata subito, innanzitutto dando del lei agli studenti, cosa che normalmente non faccio. È stato l’atteggiamento dei collegiali a far venire fuori il peggio da me. Se c’è una cosa che non sopporto è la maleducazione, ho proprio un’avversione, per cui non ho fatto fatica a mostrare il peggio di me.

Quindi non ho capito: lei si ritiene una persona severa oppure no?

Nelle mie corde la severità c’è, ma è benevola. Una severità che non mortifica mai, che incoraggia. Le persone che mi conoscono davvero nella vita scolastica quotidiana un po’ di titubanza l’hanno avuta.

Deduco che c’è stata una Petolicchio different per ogni edizione?

Io nel Collegio 2 non ho mai sorriso. Mai. Nel ’68 a maggior ragione dovevo essere severa, perché quei primi movimenti rivoluzionari che nascevano al tempo andavano placati. Per quel che riguarda il 1982 mi sono lasciata andare un po’ di più ed ho risposto a qualche provocazione, ad esempio nella scena delle patatine (Che ha mangiato in classe davanti agli alunni per dispetto, ndr).

Domanda delle domande: c’è della finzione in ciò che avviene al Collegio?

Tutto quello che avviene, avviene nella massima spontaneità, ma è chiaro che una puntata è il frutto di scelte degli autori. Non è possibile mostrare tutto e alla fine viene fuori solo il momento più severo e spigoloso.

A scuola con i suoi studenti quindi è tutto diverso?

Nella mia scuola non ho necessità di essere così, nonostante insegni matematica che può sembrare apparentemente una materia pesante. Io credo molto nello scambio relazionale: do una cosa a te studente e attingo allo stesso tempo da te. A dover fare sempre la iena nel Collegio mi dispiace, ma lì me ne fanno di tutti i colori. E i miei alunni, quelli veri, si dispiacciono a vedere queste continue mancanze di rispetto si dispiacciono per me.

In classe parla del programma con i suoi studenti?

Dopo la puntata per fare lezione ce ne vuole un po’, mi chiedono migliaia di cosa e quindi dedico cinque minuti a questa loro voglia di sapere. Però adesso si sono abituati. Se mi capita di accompagnare gli studenti in giro mi riconoscono, ma la cosa è determinata da grande pacatezza e serenità.

Quand’è che ha capito davvero il successo travolgente del programma?

Dopo il Collegio 2 non ho avuto la percezione che fosse successo granché.  Molto è cambiato quando mi trovai nei Nuovi Mostri di Striscia La Notizia, sul podio con Malgioglio. La cosa mi sorprese e al contempo disturbò. L’esplosione vera è però arrivata con Il Collegio 3, quando la gente mi iniziò a riconoscere per strada, a passeggio, all’aeroporto, addirittura all’estero. Ma è una cosa che vivo con grande tranquillità. Quando chiedono una foto rispondo: “vuoi davvero che te la rovini?”.

Il programma l’ha resa anche un personaggio popolarissimo sui social.

Sì, ho deciso di aprire un account tutto mio quando mi sono resa conto che tante persone avevano iniziato a spacciarsi per me con profili non ufficiali. La cosa mi diede molto fastidio, ero impaurita, mi trovavo messe in bocca parole che non avevo mai pronunciato. Quindi decisi di seguire il consiglio delle mie figlie aprendo un account Instagram ufficiale. Con la terza edizione c’è stata una vera esplosione dei followers. Ho imparato a pubblicare qualche cosa, a scrivere gli hashtag (così si dice?).

Qual è il segreto del Collegio, secondo lei?

Il programma si proponeva di raggiungere soprattutto un pubblico di giovanissimi, ma secondo me si è andato anche oltre le aspettative. In molte famiglie è diventato momento di condivisione, per stare insieme, momento in cui guardano una cosa assieme, parlano tra di loro e questa è una cosa molto positiva. Il Collegio non ha intercettato solo preadolescenti e adolescenti, ma anche i genitori.

Il curatore del Collegio, Paolo Dago, ci ha raccontato che molti genitori vi ringraziavano anche quando eravate severi con i figli. Il programma è riuscito nell’impresa di restituire sotto una luce più dignitosa la figura del docente?

Forse sì. C’è un luogo comune secondo il quale una certa fascia di genitori che, piuttosto che farsi carico di determinate problematiche, tendano a scaricarle sui docenti facendo i sindacalisti dei figli. Ma non è sempre così e c’è anche un'ampia fascia di genitori che dà molte soddisfazioni.

La natura del programma in prima serata non rischia di dare troppo spazio ai personaggi e poco ai temi della scuola?

Sì, questo è un pensiero che condivido. Se l’aspetto didattico viene televisivamente meno vissuto – perché le lezioni le facciamo davvero – a un professore certamente dispiace. Però forse dare la voce ai ragazzi significa far capire qual è il loro mondo, le loro reali necessità. Parliamoci chiaro, i ragazzi difficili, quelli che si mettono in mostra, alla fine vogliono catalizzare un'attenzione che forse gli manca.

In questo senso voi professori vivete la sensazione di essere ‘sfruttati’ dal format televisivo?

Bisogna avere la lungimiranza di capire che questo è un esperimento sociale. Petolicchio, come qualsiasi altro collega, non deve andare lì a dimostrare come faccia il professore. Deve sapere di essere lì in funzione di un esperimento che punta il suo focus sui ragazzi, sulle loro necessità.

Il Collegio 4 si sta distinguendo per diverse manifestazioni di maleducazione dei ragazzi? Qualcuno tra loro si è distinto in negativo?

Alcuni, soprattutto declinato al femminile, per un’eccessiva ridondanza in alcune situazioni, non mi sono piaciuti. Ci sta che ti possa scappare un qualcosa, ma che poi questo qualcosa venga fuori costantemente, a me non sta bene. Eppure dietro la maleducazione resta qualche bisogno dentro sé da colmare. Noi siamo adulti e ci tocca il compito di dare modelli. Dobbiamo lasciar perdere la provocazione.

Quindi  chi invece l’ha sorpresa in positivo?

Ci sono cose che mi hanno colpito, ad esempio per particolari interessi in qualche ragazzo che già approfondisce determinate tematiche e che ha mostrato una particolare passione. Così come momenti di eccessiva maleducazione mi hanno colpito in negativo, alcuni comportamenti mi hanno colpito in positivo.

Dorelfi e Tricca possono essere i simboli di questa sua ripartizione?

Non mi piace fare nomi, perché anche se per un periodo breve sono stata la loro professoressa. E come tutti i ragazzi a cui ho insegnato: sono alunni miei.

L’esperienza del collegio è comunque impegnativa. Si tratta anche per voi di rimanere lontani da casa per un mese.

Sì, essendo in provincia di Bergamo io mi trasferisco lì per tutto il periodo. Vale lo stesso per i sorveglianti e il professor Maggi, con cui si vive in pianta stabile in Collegio. Altri che non devono fare necessariamente lezione tutti i giorni, oppure hanno poche ore di viaggio, semmai raggiungono le loro famiglie. Vivere lì è un’esperienza bellissima, sono le mie ferie ma ci vado con enorme piacere. Dietro un programma così c’è un’enorme famiglia fatta da decine di persone con cui stabilisci un rapporto, in tutti i reparti. Una scoperta continua che per me è stata arricchimento.

Per Il collegio 5 c’è già qualcosa? Lei ci sarà?

Non si sa ancora nulla, ma se dovesse esserci una quinta edizione e dovessero propormela, perché no?

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