La prima ondata del Covid ha stravolto le nostre vite e, per forza di cose, anche la televisione. Di quei mesi ricordiamo i palinsesti televisivi dominati dal virus, con tutta una conseguente serie di storture, al tempo necessarie, per le quali la maggior parte dei pochi programmi in onda si convertiva a spazio informativo sulla pandemia, rispondendo al bisogno fisiologico di avere notizie ed essere aggiornati su quanto stesse accadendo nel mondo. Un'abbuffata senza precedenti, che in qualcuno ha generato un effetto repulsione per l'argomento stesso.
Oggi le cose, seppur lentamente, pare stiano cambiando, avviandosi verso una stabilizzazione. Per quanto la situazione sanitaria sia ugualmente critica, infatti, anche i palinsesti televisivi tentano di ristabilire una normalità ed ecco che gli approfondimenti sulla crisi sanitaria iniziano ad apparire meno opportuni se calati in contesti televisivi che poco hanno a che fare con l'informazione.
Tra le anomalie c'è la programmazione della domenica sera di questo inizio di stagione, che conferma tre programmi in grado di convertirsi interamente a centro informativo Covid nei mesi scorsi, nonostante una vocazione differente. Stiamo naturalmente parlando di Che Tempo Che Fa, Non è l'Arena e Live – Non è la d'Urso. Accomunati tutti e tre dal fatto di essere contenitori diversamente ibridi, a cavallo tra informazione e intrattenimento, in questa seconda ondata sono stati accolti altrettanto diversamente dal pubblico.
Il successo indiscutibile di Fazio su Rai3
Fabio Fazio non poteva sperare in un risultato migliore per il suo ritorno su Rai3, che si conferma la casa di Che Tempo Che Fa. Il conduttore, reduce da una stagione di passaggio a Rai2, sta riuscendo a capitalizzare al meglio i mesi di lockdown nei quali è stato senza dubbio un caposaldo del servizio pubblico nel fornire un'informazione sulla pandemia che fosse quanto più possibile salubre e immune da complottismi e populismi. Se si escludono alcune scelte discutibili, come la presenza fissa di De Luca divenuta una sorta di rubrica senza contraddittorio (anche per l'oggettiva difficoltà di contrastare il governatore della Campania in collegamento a distanza), la linea della trasmissione di Rai3 è rigorosissima e i dati Auditel lo confermano, visto che il programma è stabilmente sopra il 10% da alcune settimane.
Massimo Giletti resiste nel ruolo anti-Fazio
Anche Massimo Giletti ha saputo trovare il suo spazio nel racconto della pandemia. Il conduttore di Non è l'Arena, l'unico contenitore della domenica sera a presentarsi come programma di informazione puro ai blocchi di partenza, ha dimostrato di essere in linea con lo spirito corsaro di La7 e di saper legare l'informazione alla necessità di offrire un racconto alternativo e laterale a quello istituzionale. Basti pensare alla presenza in trasmissione di Flavio Briatore, reduce da un'estate da protagonista per la vicenda discoteche in Sardegna e per essere stato lui stesso contagiato dal Covid. Al netto delle critiche, questo approccio consente a Giletti di fare da contraltare a Fazio, posizionando il suo programma così che il pubblico sappia cosa trovare su La7 e, nel frattempo, non trascura inchieste e approfondimenti alternativi al Covid, come il caso Di Matteo-Bonafede scoppiato alla fine della scorsa stagione, o lo spazio dedicato a personaggi quali Fabrizio Corona, sempre capace di drenare pubblico. Gli ascolti di Non è l'Arena sono stabilmente tra il 5 e il 6% di share e il conduttore, che ha attaccato più volte De Luca (anche ieri dandogli dello "sceriffo solo chiacchiere e distintivo") ed ha dalla sua parte l'inscalfibile immagine di giornalista senza padroni che gli garantisce uno zoccolo duro di seguito inamovibile.
Barbara d'Urso e l'opportunità di parlare di Covid
Questa nuova normalità sembra mettere in difficoltà Barbara d'Urso. Live non è la D'Urso ha provato sin dalla sua nascita a presentarsi al pubblico come un mega contenitore in grado di accogliere di tutto, ma al netto dell'anomalia dei primi mesi di pandemia, l'idea di passare dal Covid alle corna non sembra pagare come accadeva in primavera, quando erano tutti gli altri temi a risultare inopportuni. La struttura del programma di Barbara d'Urso continua ad essere spaccata in un due, passando dall'ampio blocco informativo dei primi 90 minuti circa di programma ai temi più leggeri. Il risultato è che gli ascolti di oggi non sono molto lontani da quelli di domeniche generiche di marzo e aprile, quando si era in pieno lockdown. Ad essere cambiata è semmai la percezione di opportunità che certe tematiche vengano trattate in un programma dal parziale impianto giornalistico quale è quello di Canale 5 (e il fatto che la conduttrice sottolinei costantemente che Live sia sotto testata giornalistica non cambia il punto).
Nella seconda parte della serata il programma cresce puntualmente, sia perché le reti concorrenti si spengono, Rai1 su tutte con la prima serata che chiude in largo anticipo, sia perché viene fuori la reale vocazione della trasmissione e non pare casuale che il dato più alto dell'ultimo mese di Live – Non è la d'Urso arrivi domenica 15 novembre, quando su Rai1 non c'è la fiction ma il match della nazionale italiana, generando una probabile migrazione del pubblico femminile su Canale 5, che forse non cercava Covid, ma leggerezza.
Cosa cambierà a Natale?
Se insomma per i programmi di Fazio e Giletti quello del Covid continua ad apparire un naturale tema da affrontare tra i tanti, nel contenitore di Barbara d'Urso l'argomento pandemia continua a risultare ancora oggi forzato, soprattutto se non contribuisce ad una crescita sostanziale degli ascolti. Difficile immaginare che qualcosa cambi, soprattutto con l'avvicinarsi del Natale e il tema ancora più caldo, ma forse una riflessione sarebbe opportuna.