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Flop Domenica In, perché le sorelle Parodi rischiano di non arrivare al panettone

I numeri non sorridono alle sorelle Parodi e Domenica In soccombe, ancora una volta, nel confronto con la D’Urso. Ma il problema non sono solo gli ascolti, bensì una trasmissione che sembra avere molti problemi da risolvere, a fronte di una Rai che non può concedersi un tempo d’attesa troppo lungo.
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A cura di Andrea Parrella
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Non è partita da numeri entusiastici l'esperienza delle sorelle Parodi alla guida di Domenica In. Il debutto avveniva a più di un mese di distanza da quello di Domenica Live, concorrente diretto condotto da Barbara D'Urso su Canale5 ed era quindi già consistente il disavanzo da recuperare. Va detto che i primi passi della nuova Domenica In non sembravano puntati nella giusta direzione per rimarginare questo scarto e gli ascolti della prima puntata lo hanno confermato (solo il 12% a fronte del 17-20% di Barbara D'Urso). Il risultato ha portato a critiche feroci e dei cambi repentini nella struttura della trasmissione condotta da Cristina e Benedetta Parodi, su tutti il fatto che a Claudio Lippi, chiamato in trasmissione per questo, sia stato tolto lo spazio dei giochi.

Eppure la seconda puntata di Domenica In non sembra aver fatto registrare un'inversione di tendenza e continua ad apparire un programma (ancora) debole e scarno di un'idea di fondo. Gli ascolti lo confermano: 11.1% con 1.846.000 spettatori, con la D'Urso che non scende mai sotto il 16.5% di share. Resta l'intenzione, sarebbe meglio dire la speranza, di addomesticare il pubblico a un appuntamento rilassante e abitudinario tentando di ricreare un contesto, linguistico e degli spazi, che sia conviviale, familiare appunto, considerando la conduzione delle due sorelle Parodi. Il tempo è fondamentale per ogni programma, specie uno come questo, ma i risultati deludenti delle prime due settimane inducono già all'utilizzo del linguaggio calcistico per parlare del pericolo che le sorelle Parodi non arrivino a mangiare il panettone.

Domenica In non scorre

L'idea di potersi lasciare andare ad una visione spensierata di Domenica In senza chiedersi il perché di certi momenti, sembra lontana dall'essere percepita. Anzitutto per una ragione logica: al netto dell'elemento fraterno, tra Cristina e Benedetta Parodi manca la suddivisione dei ruoli tra comico e spalla. E se è vero che le due sorelle della tv stiano puntando tutto sul quadretto domestico, in cui sia preponderante il loro essere sorelle più che conduttrici, la mancanza di questa divisione dei compiti alimenta la percezione di un flusso interrortto, non si capisce chi comandi e la trasmissione non scorre. Anche nella sua organizzazione Domenica In appare come l'asseblamento di più blocchi, anziché un racconto organico suddiviso capitoli.

I problemi del cast, da Panatta a Lippi emarginato

Un altro motivo che possa spiegare le difficoltà di Domenica In è quello relativo ad alcune scelte autorali e di cast. Può davvero funzionare Adriano Panatta in questo contesto? La sua spigliatezza, pur non essendo un uomo di televisione, è indiscutibile, ma non sarebbe stato più appropriato scegliere una figura versatile, magari con una formazione giornalistica, che potesse riempire degli spazi dedicati allo sport con maggiore pienezza, senza rifugiarsi di continuo in gag non proprio esilaranti? La confusione di Domenica In trova inoltre un'immagine sintetica in Benedetta Parodi che cucina pasta alle 4 del pomeriggio della domenica, quando la quasi totalità dei telespettatori sintonizzati ha appena finito di pranzare. L'impressione è che Lippi venga utilizzato come un personaggio laterale, quando le sue caratteristiche di conduttore potrebbero essere utili ai meccanismi della trasmissione.

Il confronto con Barbara D'Urso

Infine c'è una riflessione che parte dalla scelta della Rai di affidare la domenica pomeriggio alle Parodi dopo aver stravolto questo spazio, privandolo del campione d'ascolti Massimo Giletti ed esponendolo ad una possibile batosta non solo numerica, ma anche nel sentire comune dell'opinione pubblica. I programmi di Barbara D'Urso hanno coniato un linguaggio televisivo che condisce alla perfezione, con un meccanismo consolidato, il sensazionalismo agli inciuci, guarnendo il tutto con una importante dose di autoreferenzialità (la conduttrice ringrazia il pubblico per gli ascolti almeno un paio di volte a puntata, lo rende partecipe di un'impresa, come combattesse insieme a lei una battaglia contro i poteri forti). Dall'altra parte della trincea non pare ci sia un trionfo di idee, né tantomeno una estrema vivacità di contenuti.

D'Urso e Parodi, Bulli contro secchioni

Le Parodi si fanno portatrici di un garbo, un bon ton, una buona educazione che vuole essere antitetica alla proposta della concorrenza ("Lei è bravissima, ma faremo qualcosa di diverso", avevano detto sin dal principio le due sorelle, parlando di Barbara D'Urso e mettendo in un certo senso le mani avanti). Ma quanto è credibile l'avamposto di una presunta tv educata a fronte di un modello opposto che ha rotto completamente gli argini della consuetudine? Quella con la Domenica Live di Barbara D'Urso non è solo una gara di ascolti, ma una lotta di modelli televisivi e la Rai, scegliendo le Parodi, pare averla affidata a chi non pare averele spalle abbastanza larghe per affrontarla, proponendo un confronto che rievoca, a tratti, l'immagine del secchione che tenta di superare in popolarità il bullo ostentando le buone maniere.

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