Da San Francisco con furore: Warrior è la nuova serie tratta dagli scritti di Bruce Lee
Rapidi ed eleganti colpi di kung fu creano scompiglio lungo le strade di una San Francisco polverosa, rude, dai tratti western, per nulla solare o alternativa come quella di oggi. La città descritta in Warrior è quella del 1878, in cui si sente forte il disprezzo fra la comunità operaia bianca e le altre, in particolar modo quella cinese che vive in una Chinatown dominata dalle bande, in cui non si va per il sottile e il sangue umano è a buon mercato. Un posto spietato, in cui adattarsi al peggio è l’unico modo per sopravvivere. Se vi abbiamo incuriosito, non perdete la prima puntata della serie tratta dagli scritti del mitico Bruce Lee, che andrà in onda stasera, 15 luglio, alle 21:15 su Sky.
I Warrior di San Francisco
Il termine “warrior” abbinato con “San Francisco” fa subito volare il pensiero ai Golden State, la franchigia cestistica della città che ha rivoluzionato il basket contemporaneo. Ma i warrior cinesi di fine Ottocento non cercavano rivoluzioni, bensì affermazione, e dunque i temi affrontati nella serie TV sono attualissimi e sentiti anche qui da noi, basti pensare all’immigrazione, al razzismo e all’integrazione delle minoranze etniche. Queste tematiche, oltre alla lotta per la supremazia territoriale e ai problemi con la polizia, fanno da sfondo alle avventure di Ah Sahm, un immigrato cinese interpretato da Andrew Koji, che arriva a San Francisco per cercare la sorella Mai Ling (che ha il volto di Dianne Doan). Dopo essere stato ingaggiato da una delle famiglie criminali più potenti di Chinatown in virtù delle sue superiori capacità nelle arti marziali, si ritrova nel pieno delle guerre tra società segrete cinesi, le Tong. La ricerca della sorella rivela che lei lavora purtroppo per uno dei rivali del suo boss. Tra sanguinosi duelli corpo a corpo e intrighi, Ah si farà strada in un ambiente pericoloso e imprevedibile.
All’ombra di Bruce Lee
Società segrete cinesi e botte da orbi condite da movimenti spettacolari: tutto rimanda a un immaginario conosciuto, quello in cui si muoveva il mitico Bruce Lee, il celebre attore icona delle arti marziali. E non è un caso: è sua, infatti, la storia da cui Warrior è stata tratta. E Bruce non è l’unico Lee coinvolto nel progetto, visto che la figlia Shannon è uno dei produttori della serie. A crearla, invece, è stato Jonathan Tropper, che già abbiamo conosciuto per un’altra splendida serie, Banshee, anch'essa andata in onda su Sky.
L’emarginazione contro ogni forma di banalità
La serie sfugge da ogni banalità e luogo comune, e ci riesce attraverso lo sguardo particolare e autentico del suo protagonista, un emarginato. Perché Ah Sahm, quando arriva in città, è un emarginato e ci regala la sua visione soggettiva di una realtà che non conosce, un’ottica che si muove fra l’incoscienza e uno sguardo esotico su San Francisco. Tutto questo, unito all’eleganza di scene di combattimento coreografate con la stessa genialità di un balletto del Bolshoi, fanno di Warrior una serie originale, che incapsula perfettamente un sentimento di esistenza ai limiti della società, esplorando i problemi di identità di un popolo e la faticosa integrazione con una società che ha i suoi problemi di legalità e accoglienza. Ah Sahm è un personaggio potente, un parvenu della malavita che deve farsi strada in una Chinatown dove la pelle umana vale quanto una ciotola di riso. Le emozioni non mancheranno, appuntamento dal 15 luglio su Sky.