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Opinioni

Chiude Propaganda Live, viva Propaganda Live

Con la puntata del 4 giugno Diego Bianchi conclude una stagione segnata dai casi imbarazzanti di Jebreal e Angelini. Una pausa necessaria dopo che i punti di forza della trasmissione, reputazione e rapporto fitto con il pubblico, sono diventati dei limiti. Si può ritrovare una spinta, o si è chiuso un ciclo? Comunque andrà, Propaganda Live ha lasciato un segno indelebile sulla Tv.
A cura di Andrea Parrella
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L'onda lunga della polemica di Rula Jebreal, combinata conla vicenda Roberto Angelini, ha segnato il finale di stagione di Propaganda Live. Il programma chiude con l'ultima puntata di venerdì 4 giugno, a margine di un periodo complesso, dopo una prima parte di stagione eccellente, quel capodanno anomalo ma bellissimo e la sensazione di un progetto nel pieno del suo splendore. Le ultime puntate sono state precedute da una liturgia che tra ironia, contestazioni e assoluzioni, si è puntualmente consumata sotto i post social del programma. "Quante donne ci sono?", "Se ci sono meno uomini allora non vale", "Avete fatto bene i conti?".

La forza di Propaganda come limite

La risposta accorata, ma anche risentita, animata da detrattori e sostenitori, è parte del fenomeno Propaganda. Perché se da un lato ci ricorda che certe polemiche si quietano ma non si cancellano, dall'altra è dimostrazione di forza di uno tra i progetti televisivi più apprezzati degli ultimi anni. Ne esalta il principio fondante, il rapporto che Propaganda Live è riuscito a creare con il suo pubblico come fattore di unicità.

Gli spettatori di Propaganda non sono solo spettatori, né semplicemente membri di una comunità, non si limitano a riconoscersi in certi principii ma sono partecipi del processo creativo della trasmissione, fanno parte a tutti gli effetti di Propaganda. Chiunque può sperare di andare in onda in diretta mentre è seduto sul divano di casa, o si trova all'estero, se si dimostra in grado di intercettare il tono di voce e il tema giusto per un tweet.

Tale peculiarità senza prezzo, attentamente costruita negli anni, è la stessa che giustifica la delusione e il senso di disorientamento generato in molti dalle vicende Jebreal/Angelini, quel crollo di certezze per tanti che reputavano infallibile la banda capitanata da Diego Bianchi. Per una trasmissione che vive di reputazione come questa non poteva accadere nulla di peggio. Per un programma generico tutto si sarebbe probabilmente dissolto in pochi giorni, mentre in questa circostanza si è trattato di un duplice sabotaggio all'impianto valoriale dell'intero progetto.

Che succederà l'anno prossimo?

La reazione di Zoro all'accaduto è in fondo un segnale chiaro di orgoglio e rivendicazione, ma anche spia dell'imbarazzo prodotto da quanto è accaduto. La curiosità vera, ad oggi, sta nel capire se il tempo servirà, se dopo questa pausa necessaria Propaganda sarà in grado di ripartire con una nuova spinta, affrontando nel modo più appropriato i problemi sorti, se col tempo i benefici dell'essere andati oltre la propria bolla di pubblico compenseranno agli effetti negativi di queste ultime settimane. Una cosa pare certa: dalla prossima stagione niente sarà più come prima. Se il nuovo ciclo sarà migliore o peggiore è difficile a dirsi, ma nulla potrà cancellare gli splendidi frammenti di televisione regalati da Propaganda in questi anni.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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