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Virginia Raffaele, Quelli che il calcio e il filo che li lega

Le fortunate performance dell’attrice romana sostengono le sorti di un esperimento dotato di tutto affinché possa funzionare, eccetto la novità.
A cura di Andrea Parrella
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La chiave di volta fu trovata. Virginia Raffaele aveva bisogno di un personaggio multimediale, in ogni senso. Quelli che il calcio ha un pubblico eterogeneo, più giovane sì, ma non identificato a pieno con quello che l'avrebbe seguito l'anno scorso, per questo costretto a guadagnarsene la fiducia. Analisi che potrebbe riflettersi, interamente, su Virginia Raffaele. Al suo secondo anno su Raidue riesce a trovare il punto in cui il gradimento del pubblico che la conosce già e di quello presso cui fosse ancora poco nota collimino: la sua imitazione di Belen Rodriguez, che è solo una tra le tante di elevatissima qualità, accorda chi subisca il fascino mediatico dell'onnipresente starlette sudamericana e chi, al contrario, Belen Rodriguez tenda a disprezzarla. Da qualche settimana è un elemento di traino per il pomeriggio domenicale della nuova conduttrice Victoria Cabello, affiancata dal Trio Medusa.

C'è da capire quale curva seguirà la qualità delle scelte artistiche di un raro talento del genere. L'equilibrio raggiunto sul finale di questa stagione è una condizione difficilmente prorogabile e sostenibile, considerando la sua entità passeggera. Questo successo equilibrato e universale finisce nel momento stesso in cui se ne prende atto, quando lo si identifica. Dopo, il lavoro da farsi per proseguire su ritmi sostenuti, accordando qualità e quantità, richiede un'astuzia e un talento superiori a quello che è servito per farsi conoscere, contrariamente a quanto si possa pensare. Lo si ribadisce: il Quelli che il calcio rimaneggiato di quest'anno, singolare scelta meritevole di encomio della dirigenza di Raidue, è soggetto ad un destino non troppo distante da quello di Virginia Raffaele, affaticato com'è dal vincolo di non poter cambiare troppo e, al contempo, essere costretto a rivoluzionarsi per funzionare.

Si stesse parlando di un prodotto nuovo, questi avrebbe il pedigree perfetto per riuscire a pieno, col valore aggiunto della regia di Paolo Beldì. Al contrario, un po' schiacciata dal peso della tradizione quindicennale, la corposa squadra d'autori si trova costretta a reinventarsi di settimana in settimana, di fronte ad un campo di idee apparentemente già battuto nella sua quasi totalità. Tesi limitata e limitante che di buon grado accoglierebbe una smentita ad opera dell'inventiva della formazione Cabello&co. Probabile è che non esista un medicamento migliore della squadra attuale per tenere in vita Quelli che…

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