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X Factor dimentica Cattelan con Tersigni, ma 12 inediti alla prima puntata sono una piaga

Dopo 9 anni di Alessandro Cattelan, il talent riparte da un non conduttore per trovare una nuova strada, la scelta paga perché disinnesca il meccanismo di un confronto ingeneroso tra i due. Tersigni si farà e (forse) troverà la sua impronta. A X Factor resta l’ossessione per gli inediti: una prima puntata con 12 canzoni sconosciute è un enorme rischio televisivo, che peraltro travisa la natura stessa del programma.
A cura di Andrea Parrella
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Grande cautela e tanto studio, sono i segreti del debutto di Ludovico Tersigni alla conduzione di X Factor. Dopo 9 anni di Alessandro Cattelan, il talent riparte da un non conduttore per trovare una nuova strada e rendersi indipendente dalla presenza ingombrante del presentatore più talentuoso in circolazione dalle nostre parti.

Tecnicamente, è la scelta più azzeccata. La presenza dell'attore rende disinnesca da subito il meccanismo del paragone con Alessandro Cattelan, proprio perché non esistono i presupposti per un confronto reale. Sul palco troviamo un ragazzo giovanissimo, inesperto e genuinamente volenteroso di entrare a modo suo nella macchina di un programma dall'identità definita.

Ma Tersigni si farà

Il risultato è "senza infamia e senza Ludo" (perdonateci il terribile gioco di parole),  il nuovo presentatore di X Factor dimostra di avere sfruttato il tempo a disposizione per studiare il suo e si è tenuto ben lontano dal confine sottile che separa lo strafare dallo strafalcione. Difficile, per il momento, intravedere la sua impronta, uno stile di conduzione preciso, ma come si suol dire in gergo il ragazzo deve mettere su muscoli e trovare la sua strada. Se riuscirà a imprimere un suo stile o finirà schiacciato dal peso del programma, è tutto da vedere.

Una cosa è certa, dopo anni scopriamo che Alessandro Cattelan era riuscito quasi a scomparire, tanto aveva asciugato la conduzione di X Factor. Sul palco c'era la sua personalità, presentava con la mano sinistra e ragionava per sottrazione di se stesso, la sua era una conduzione essenziale e fatta di cesellature, qualcosa che gli va riconosciuto come gesto d'amore per il talent show, che oggi può sopravvivere alla sua assenza.

X Factor o un Sanremo in miniatura?

Tuttavia, X Factor dovrà prima o poi affrontare i suoi problemi, su tutti quello di dover scegliere se voglia continuare ad essere un programma principalmente di cover, come la sua natura vorrebbe, o fare il passo definitivo per imporsi come un Sanremo in miniatura, vetrina per gli inediti dei concorrenti. Perché se è vero che negli anni il pubblico "raffinato" della platea Sky è stato educato alla fruizione del nuovo, una prima puntata con 12 concorrenti che portano sul palco le proprie canzoni è una palese alterazione di ciò che X Factor dovrebbe essere per propria indole. Oltre che un rischio televisivo incalcolabile che solo il Festival di Sanremo, appunto, può permettersi.

Il valore delle cover e la "lezione" dei Maneskin

La cover, d'altronde, è uno strumento fondamentale per congelare il percorso di un artista nella mente dello spettatore in un tempo televisivo così breve. X Factor dura essenzialmente poche settimane, non ha un daytime che accompagni il percorso dei concorrenti creando uno storytelling forte, non c'è tempo per le sfide, gli ingressi e le uscite, i litigi tra i professori e tutti quei meccanismi che caratterizzano il principale concorrente del talent: ovvero Amici. Il rischio per gli artisti in gara è di essere risucchiati in un buco nero fatto di complimenti dei giudici, la qualità degli arrangiamenti è l'impatto visivo delle esibizioni, sempre di altissima levatura, misti a quella infinita sequela di "hai/avete spaccato", incitamento al quale pare che i giudice di X Factor non possano sottrarsi per contratto. Toccherebbe invece ricordarsi che a sospingere il successo planetario senza precedenti che i Maneskin stanno vivendo in questi mesi è proprio una cover, quella Beggin' che i quattro avevano proposto sul palco di un talent show italiano qualche anno fa. Com'è che si chiamava? Ah già, era X Factor…

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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