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Stars Earn Stripes, lo show sulla guerra che l’America e i Nobel disertano

In America è partito da una settimana Stars earn stripes, reality a sfondo bellico in onda sulla NBC. Molte polemiche (tutta pubblicità) e una missiva da parte di nove premi Nobel. Ma è più amorale la guerra, oppure la formula indigesta del celebrity show?
A cura di Andrea Parrella
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il 13 agosto ha debuttato in America, sulla NBC, Stars earn Stripes. E' un cosiddetto celebrity show, sulla scorta di qualunque altro reality nel quale siano personaggi "celebri" a concorrere, ad esempio il campione di sci dimenticato o mai ricordato, oppure la campionessa di Wrestling sexy. Lo show televisivo vede questi Famosi esercitarsi e tentare di superare delle prove militari: devono sparare a dei bersagli, sollecitare la propria resistenza fisica, in pratica simulare delle azioni di guerra. Il reality ha alle spalle una gran campagna pubblicitaria che viene da lontano, ha tentato di utilizzare i giochi olimpici di Londra (sui quali la NBC aveva l'esclusiva) come periodo di traino per la messa in onda. A dire il vero i risultati dell'audience non stanno confermando le aspettative, battuto dalla Fox con Gordon Ramsay, re dell'invasione dei fornelli in tv, protagonista del suo nuovo show, in cui trasforma alberghi in dismissione in attività prolifiche. La rete di Murdoch, in America, riesce sempre a dimostrare una marcia in più in fatto di format.

La curiosità è che il reality NBC è stato contestato e osteggiato dall'opinione pubblica e, nientepopodimeno che, da nove premi Nobel, in forte dissenso con la rievocazione di atmosfere belliche in televisione. Questi ultimi (tra cui Shirin Ebadi, Oscar Arias, Desmond Tutu e Rigoberta Menchú) hanno inviato una missiva alla rete, il cui perno concettuale era il seguente:

“Questo programma vuole disinfettare la guerra paragonandola ad una competizione sportiva. Andrebbe assolutamente sospeso”.

A schierarsi contro il reality show ci sono anche i veterani, le famiglie impegnati nei conflitti mondiali ed associazioni varie. La NBC ci ha tenuto a precisare, doverosamente, che il premio in danaro garantito al vincitore, sarà totalmente devoluto ad associazioni di reduci di guerra. Un valido contentino.

Il movimento pubblicitario che scaturisce da questa polemica semi-internazionale contribuirà sicuramente a muovere un interesse ancor maggiore, almeno in America, nei confronti del programma NBC. A questo punto non si esclude che sia stato tutto programmato sin dal principio. In realtà non lo si dovrebbe escludere mai. Dalle nostre parti l'esercito, da qualche anno, ha dato vita ad una serie di campagne pubblicitarie  per capi d'abbigliamento ed oggettistica di stampo militare. I distributori di piastrine militari personalizzate negli autogrill generano commozione. Non è escluso che l'esperimento possa essere riproposto a breve anche in Italia, nonostante una cultura militare leggermente meno enfatizzata di quella americana.

Da noi le riproposizioni cinematografiche di stampo bellico, in Tv come al cinema, hanno probabilmente raggiunto il loro picco massimo con Classe di ferro, serie televisiva di fine anni '80 inizio '90. Non sia mai che venga in mente di riutilizzare Adriano Pappalardo per qualche scopo malsano, importando Stars earn Stripes dagli Stati Uniti. Viene da dire però, che sorprende di come i premi Nobel abbiano circoscritto la polemica alla tematica di fondo del reality NBC, soffermandosi sull'aspetto militare diseducativo, anziché focalizzare la propria attenzione  sull'aspetto diseducativo del genere televisivo, indipendentemente dalle sfumature che prenda. Messa così, rischia di diventare una polemica ai limiti col populismo spicciolo, essendo la guerra, nel comune intendere, così impopolare. Che poi non sia impopolare nella pratica è questione antropologica, più che culturale.

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