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Se tra Trump e Hillary vince Frank Underwood, così le serie tv stanno cambiando la realtà

Dal nostro tempo libero alla percezione della realtà, così le serie tv stanno cambiando noi e il mondo che ci circonda. Lo sostiene il politologo francese Dominique Moïsi, lo prova il battage di Frank Underwood che ringrazia i suoi elettori per il sostegno mentre negli Usa infervora la vera battaglia elettorale tra Donald Trump e Hillary Clinton.
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Un tempo il cinema e la tv influenzavano la realtà, oggi il paradigma sta cambiando. Lo sostiene il politologo francese Dominique Moïsi, professore ad Harvard e al King's College di Londra, editorialista ed autore di saggi, tra cui uno molto interessente edito da Garzanti nel 2009 dal titolo "Geopolitica delle emozioni – Le culture della paura, dell'umiliazione e della speranza stanno cambiando il mondo".  Nel nuovo libro, per adesso edito solo in Francia, "La géopolitique des séries" la provocazione è che le serie tv che guardiamo oggi sono lo specchio fedele delle paure e delle possibilità del nostro mondo. Un primo esempio? "Il Trono di Spade". Nell'intervista di Stefano Montefiori per "La lettura", Dominique Moïsi spiega:

"Il trono di spade" esprime la fascinazione per il caos, la paura di fronte al ritorno della barbarie, il Medioevo di ieri che evoca il Medio Oriente di oggi. È impossibile non vedere il legame tra l’attualità internazionale e questa serie.

Le esecuzioni cruente, le decapitazioni in pubblica piazza, l'attesa per la prossima spettacolare morte, lo spoiler, anche i terroristi dell'Isis fanno così, dice Moïsi:

Possiamo domandarci se non si ispirino alle serie per atterrire l’opinione pubblica mondiale. Nelle esecuzioni si ha l’impressione che copino Game of Thrones — “nel prossimo episodio vedrete l’esecuzione di questa persona” e si mostra già il suo volto sullo schermo.

E "Downton Abbey", la serie che racconta la fine dell'età edoardiana con il passaggio dall'aristocrazia alla democrazia, non è altro che lo specchio della "paura del cambiamento, la nostalgia di un ordine che si sta trasformando con il passaggio da un mondo all'altro". È esattamente quanto sta avvenendo oggi.

La quarta stagione di "House of Cards" nel duello Trump-Clinton

Domani, 4 marzo 2016, Netflix pubblica negli States l'intera quarta stagione di "House of Cards" mentre siamo nel pieno della battaglia elettorale per le presidenziali che, con ogni probabilità, vedrà allo scontro finale Donald Trump e Hillary Clinton. In questo scenario, suona un po' come una caricatura il fatto che ieri una mail a firma Frank Underwood sia arrivata a tutti gli abbonati Netflix: "Mio caro elettore, grazie per la fiducia". Come regalo, una scena esclusiva della quarta stagione. E che cos'è la "democrazia sopravvalutata" di Frank Underwood se non la realtà dei fatti?

Quel che mi affascina è notare come l’America usi la denuncia delle sue debolezze per invadere l’immaginario del pubblico, proprio nel momento in cui non ha più la volontà o i mezzi per essere il gendarme del mondo. Il soft power dell’America continua a progredire, nel momento in cui l’ hard power si indebolisce considerevolmente. Solo che questo soft power descrive un’America in condizioni apocalittiche.

"Homeland" e il bipolarismo dei protagonisti

In "Homeland", una delle serie sul terrorismo più viste degli ultimi anni, abbiamo due eroi non completamente positivi e negativi: Carrie Mathison, bipolare clinica, e il sergente Nicholas Brody, passato con i terroristi dopo aver vissuto il dolore, la sofferenza e la morte del "nemico occidentale". Il politologo anche qui fa centro:

Siamo passati da un mondo bipolare della geopolitica a un mondo bipolare della serie tv. Il mondo è confuso e anche gli americani lo sono. C’è l’incontro tra due bipolarità: quella clinica di Carrie Mathison e quella del sergente Brody, passato al servizio dei terroristi.

Conclusione: le serie tv (ci) stanno cambiando

Dal binge watching alla sovraesposizione il passo è stato breve. L'arrivo di Netflix in Italia ha aperto la strada alle più fantasiose contromisure da parte dei concorrenti, come l'idea di Sky di proporre un servizio già esistente sotto altro nome ("Sky Box Set"), giusto per far capire ai suoi abbonati che anche Murdoch sa fare quello che fa Netflix con un catalogo all'apparenza più ricco, ma con una fluidità di fruizione inavvicinabile agli standard altissimi di Netflix. Questo nuovo mercato, partito con le prime migrazioni dal cinema alla tv prima degli sceneggiatori, poi dei registi e in ultimo degli attori, ha reso il prodotto sempre più competitivo e dal livello altissimo.

La serie tv, oggi, è una cosa dannatamente seria, e lo è per davvero. È una lontana parente delle sbrigative produzioni degli anni '90, sebbene sia discendente diretta di certi titoli diventati oggetto di studio e base di partenza per il futuro, da "Seinfeld" a "Twin Peaks". Sta cambiando il nostro tempo libero: parlare di serie tv è un argomento di discussione base nelle uscite con gli amici, nei discorsi d'alleggerimento a lavoro o nel tranquillo privato angolo familiare.

Cosa guardiamo oggi? Ne guardiamo due di filato o ne basta uno? Un altro ancora e basta? Noi guardiamo le serie, le serie (i produttori e gli analisti) ci guardano provando a catturare le nostre paure, le nostre ambizioni, i nostri desideri. Dal tempo libero alla percezione della realtà, il passo è davvero breve.

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