Rula Jebreal: “Noi donne non siamo mai innocenti, uomini siate nostri complici e indignatevi”
È un monologo potente quello che Rula Jebreal ha portato sul palco di Sanremo 2020. La giornalista chiamata sul palco dell’Ariston nella prima serata del Festival per parlare di violenza contro le donne ha ridotto la platea al silenzio. Ha pianto Miral, la figlia cui quel monologo era dedicato, e ha pianto Giovanna Civitillo, moglie del conduttore Amadeus. Nemmeno Rula si è curata di nascondere la commozione, completamente assorbita dal senso del suo intervento. Rula ha parlato di donne e per le donne, perché nessuna sia più costretta a ingoiare una protesta, nessuna subisca ancora violenze, abusi, stupri. “Lei aveva la biancheria intima quella sera? Si ricorda di avere cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina? Trova sexy gli uomini che indossano il jeans? Se le donne non vogliono essere stuprate devono smetterla di vestirsi da poco di buono, sono solo alcune delle frasi rivolte alle vittime di violenza nelle aule di tribunale” ha detto la giornalista ricordando quanto accade, ancora, tristemente, nelle aule dei tribunali.
L’infanzia in orfanotrofio e il suicidio della madre
“Sono cresciuta in un orfanotrofio insieme a centinaia di bambine. Ci raccontavamo le nostre storie, erano favole tristi, non favole che conciliano il sonno. Raccontavano il dolore di figlie sfortunate, torturate” ha detto la giornalista ricordando l’infanzia trascorsa in un istituto dopo il suicidio della madre. “Ma poi ci sono i numeri e in Italia, paese stupendo che mi ha accolto, sono numeri spietati: negli ultimi 3 anni sono 3.150.000 donne che hanno subito violenze sul posto lavoro, 88 al giorno hanno subito violenze, una ogni 156 minuti. Ogni 3 giorni è stata uccisa una donna, 6 sono state uccise la scorsa settimana. Nell’88% dei casi carnefice non deve bussare alla porta, ha le chiavi di casa” ha aggiunto. Quindi ha ricordato la madre Nadia, cui quel monologo è dedicato:
Mia madre, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando avevo 5 anni. Si è suicidata dandosi fuoco, ma il dolore è una fiamma lenta che aveva cominciato a salire quando era solo adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato luogo della sua tortura. Fu brutalizzata e stuprata due volte, a 13 anni da un uomo poi da un sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare l’uomo che l’ha violentata per anni. Il suo ricordo incancellabile era con lei mentre le fiamme divoravano il suo corpo, aveva le chiavi di casa.
Le lacrime di Miral, la figlia di Rula Jebreal
Mentre Rula Jebreal parla, le telecamere inquadrano la figlia Mira Rivalta, commossa in platea mentre ascolta in un silenzio rispettoso il monologo della madre. La giornalista continua: “Quante volte noi donne siamo state serve? Mentre vi parlo c’è una donna che cammina in mezzo alla strada schiacciata dal senso di colpa senza avere nessuna colpa. Voi non avete nessuna colpa. Mentre Franca Rame veniva violentata, l’anno in cui sono nata io, cercò salvezza nella musica. ‘Devo stare calma, mi attacco alle mura della città’ recitava nel suo potente monologo sullo stupro. Le canzoni che ho citato stasera sono tutte scritte da uomo, dunque vedete è possibile trovare le parole giuste, è possibile raccontare l’amore, l’affetto e la cura". Per le donne e con le donne si spende Rula, perché nessun'altra subisca quello che per sua madre fu tanto insopportabile da spingerla al suicidio:
Questo è il momento in cui quelle parole devono diventare realtà. Per farlo dobbiamo urlare da ogni palco anche quando ci diranno che non è opportuno. Sono diventata la donna che sono per mia madre e grazie a mia figlia Miral, che è seduta in mezzo a voi. Lo devo a loro, lo dobbiamo a tutte loro. A una madre, una collega, a una sorella, a una vicina e anche agli uomini perbene. All’idea più grande di tutte: quella di libertà. Adesso parlo agli uomini. Lasciateci esser quello che vogliamo essere: madri o no, casalinghe, donne in carriera, siate in nostri comici, i nostri compagni, indignatevi insieme a noi quando qualcuno ci si chiede lei che cosa ha fatto per meritarsi questo. Domani chiedetevi pure come era vestita Rula. Che non si chieda mai più a una donna che è stata stuprata come era vestita quella notte. Che non si chieda mai più. Mia madre Nadia ha avuto paura di quella domanda e non ce l'ha fatta. Noi non vogliamo essere più vittime.