Quello che hanno visto quelli che non hanno visto Quello che (non) ho
Fabio Fazio, nel manifesto di presentazione della sua nuova "opera" Quello che (non) ho, che da due giorni va in onda su La7, ha usato come argomento cardine l'organizzazione del palinsesto, la scelta di andare in onda come per un festival, per tre giorni di seguito. I motivi, più che l'associazione a Sanremo, sono forse riconducibili a questione logistiche della location o della rete, ma l'interesse è concentrato sulla concorrenza fatta dalle altre reti in occasione di queste prime due puntate. In generale, si è sempre strizzato l'occhio a Sanremo lasciando libera la piazza, tranne negli anni di piombo del dualismo più feroce Rai-Mediaset. L'ampliamento di scelta ha fatto sì che, pur volendo, l'appello fittizio di Fazio e Saviano a lasciare libero un po' di spazio abbia avuto effetto parziale: la concorrenza c'è stata, anche se blanda.
Lunedì 14 maggio RaiUno riesce a scatenare l'ira del pubblico mediamente abituato ad addormentarsi prima delle 22:00 chiudendo Una grande famiglia, campione d'ascolti per sei puntate, che termina bruscamente la sua prima serie senza svelare nemmeno uno dei tanti interrogativi stimolati. Si è mosso pure il Codacons. Che non si è mosso invece per Scherzi a parte, Canale 5, oramai in onda da più di un mese e mezzo. Luca e Paolo si sono assopiti comodamente su un format che già da anni non aveva più molto da dire. L'unica colpa di Luca e Paolo è aver creduto di poterlo rinnovare. Infine di rilevante ci sono i racconti di Carlo Lucarelli, che confeziona qualunque cosa faccia con una certa furbizia. Meno furba è la sua rete, Rai 3: scegliere per lui il lunedì sera lo mette sempre nelle condizioni di non farsi vedere. Gli ascolti lo dimostrano. La seconda serata, salvo Bruno Vespa che prova a spiegare Equitalia con i videomessaggi di Maradona che si annuncia innocente, segnala Stracult su Raidue. Il programma di Marco Giusti presentato da Paolo Ruffini funziona, in più lunedì c'era ospite Carlo Monni, l'immenso Vitellozzo di Non ci resta che piangere. Non servono commenti.
Martedì 15 maggio l'impressione che l'aria da festival si sia creata a metà proviene da Ballarò, ospiti illustrissimi su tutti, Maurizio Gasparri ed Enrico Letta: si può chiamare per davvero concorrenza? Mediaset si divide tra film, serie Tv e la delicatissima e silenziosa compagnia di Colorado Cafè che, su Italia1, per la serie "Sto classico" (l'unica cosa divertente è questo gioco di parole) porta in onda con gusto discutibile fiabe e storie più che conosciute attraverso un punto di vista "diverso". La salvezza sono Californication e Nip&Tuck, serie americane evergreen. Non si capisce invece se Raiuno, con Bianca Guaccero in Mia madre di Ricky Tognazzi, intenda fare concorrenza o meno.
Visto il trend qualitativo della fiction Rai si direbbe di sì, anzi lo si definirebbe addirittura prodotto di punta. Ma la speranza che da qualche anno l'azienda stia sparando le sue cartucce scarse per poi regalarci anni gloriosi di alta Tv è sempre viva. Se non altro ci tocca imporci questa speranza anche per puro spirito di sopravvivenza. Dalle 23:00 in avanti si fa notare su Raitre Volo in diretta, che oramai è quasi bello ( ha parlato dello sgombero di Macao in modo raffinato ma incisivo); poi, sulla stessa rete, la lite tra le integerrime Paola Concia Giorgia Meloni a Linea notte con Bianca Berlinguer quasi costretta a dividerle. Ci mancavano le liti, ci mancavano assai.
E questa stasera cosa avrà in serbo per noi il libero mercato televisivo?