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Napoli è anche quella del “Boss delle cerimonie”, fatevene una ragione

“Il Boss delle cerimonie” finisce sotto il mirino dei radical chic, ma Napoli è anche quella di don Antonio: chiassosa e, sì, kitch, tamarra, fastidiosa e scostumata. Se non piace si può sempre cambiare canale. O magari città.
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"Il Boss delle cerimonie" finisce sotto il mirino dei radical chic, ma Napoli è anche quella di don Antonio: chiassosa e, sì, kitch, tamarra, fastidiosa e scostumata. Se non piace si può sempre cambiare canale. O magari città.

Salvate "il boss delle cerimonie" Antonio Polese e il network "Real Time", entrambi finiti sotto il bombardamento ipocrita e stereotipato, che è anche peggio del format stesso, dell'esercito dal "ditino alzato". Dall'indignazione del popolo di Facebook a quella di un presidente della Municipalità e di tanti "tuttologi" d'occasione, intervenuti a cavalcare un filone che, com'era ampiamente prevedibile, ha generato l'effetto opposto, garantendo un hype pazzesco per le puntate che verranno.

Napoli non è SOLO quella del "Boss", ma è ANCHE quella del "Boss", tutta barocco ed eccessi. E chi è a conoscenza di come vanno davvero le cose al Sud, sa benissimo che quello è il tipo di matrimonio che viene realizzato se vai al "Grand Hotel La Sonrisa". Perché la gente che va da don Antonio, è in "target" ed è esattamente quello il tipo di trattamento che vuole. E' vero, quelle movenze sguaiate, quelle caviglie gonfie e quei "Tubini" taglia 44, che quasi esplodono sulle invitate taglia 50, le serenate dei cantanti neomelodici, le ballerine che neanche "Domenica In", sono il "troppo che storpia", ma sono parte di una sottocultura che, piaccia o no, esiste.

Chi invoca la chiusura del programma, non solo è in malafede, ma ama anche perder tempo: una produzione del genere è del tutto immune all'isteria collettiva. Peraltro, non violando nessun articolo o principio di nessun Codice di regolamentazione, le probabilità che il format chiuda i battenti sono praticamente nulle. Anzi, la replica della produzione è stata abbastanza netta: "Non ci fermeremo qui. Quello che viene definito trash, per noi è passione e folklore".

Signori, vi piaccia no, questa è la faccia di Napoli che funziona per Real Time. Del resto, un matrimonio borghese ma chi lo guarderebbe? E negli Usa, pare che nessuno abbia gridato allo scandalo, quando hanno iniziato a produrre "Il mio grosso grasso matrimonio gypsy". Fare l'ennesima strillata per ingraziare cerchie di amici radical chic, non servirà a nulla neanche stavolta. Come non serve invocare Eduardo, Totò e Massimo Troisi, se poi si lasciano per strada Raffaele Viviani, Luisa Conte e Mario Merola.

Napoli è un coacervo di paradossi ed emozioni, dovreste saperlo. Se la Napoli del "boss delle cerimonie", quella chiassosa e, si, kitch, tamarra, fastidiosa e scostumata, non vi sta a genio, potete sempre cambiare canale. O magari città.

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