Matilde D’Errico replica alla senatrice Puglisi: “Amore Criminale non chiuderà, salva tante donne”
Domenica 4 marzo è andata in onda l'ultima puntata della ventunesima edizione di ‘Amore Criminale‘. Nelle scorse settimane, la senatrice PD Francesca Puglisi aveva chiesto la chiusura del programma perché "rafforza insani propositi emulativi". Ai microfoni di Fanpage.it, Matilde D'Errico – autrice e conduttrice della trasmissione di Rai3 – ha rilasciato un commento in proposito:
"Come autrice televisiva che si occupa di tanti argomenti, non solo della violenza di genere, ritengo che si possa parlare di tutto. L’importante è scegliere il modo in cui si parla delle cose. Si può quindi parlare di violenza e di morte, che sono appunto gli elementi delle storie di ‘Amore Criminale’. Rispetto alla richiesta di chiusura, io rispondo che ‘Amore Criminale’ ha salvato e salva tantissime donne che non scrivono al mondo politico ma che scrivono a noi. Donne che spesso non hanno ancora denunciato e noi le ascoltiamo e le aiutiamo una per una. Per quanto riguarda il rischio di emulazione è qualcosa che non esiste. È come dire ‘Non mandiamo le scolaresche a visitare i campi di concentramento altrimenti i bambini potrebbero forse diventare nazisti’. ‘Amore Criminale’ nel panorama televisivo italiano è stata la prima trasmissione ed è l’unica trasmissione che si occupa in maniera specifica di femminicidio e lo fa con uno spirito di grande servizio alle donne".
La notte in cui dormì nella stanza di Veronica, vittima di femminicidio
Nei tanti incontri con i familiari delle vittime e con i sopravvissuti c’è un ricordo che ti è rimasto nel cuore? "I ricordi sono veramente tanti. Ne posso citare uno come esempio. Una volta sono andata a incontrare la mamma di una vittima, dovevo intervistarla. Sono andata a casa sua a Mondragone in provincia di Caserta. Avevo un albergo prenotato dalla produzione ma questa mamma ha insistito moltissimo perché io dormissi a casa loro, nella stanza della figlia. Ricordo che quando è arrivata questa richiesta ero un po’ sconcertata, non sapevo cosa rispondere, avevo paura di ferire quella madre. Alla fine ho accettato, ho dormito lì quella notte, nella stanza della figlia Veronica (Abbate, ndr), una ragazza che era stata uccisa a 19 anni dal suo ex fidanzato. Ecco, penso che quella notte, nella quale fra l’altro non ho chiuso occhio, non la dimenticherò mai".
La collaborazione con Veronica Pivetti
Cosa ti ha spinto a prendere le redini della conduzione di ‘Amore Criminale’? "Per me è stato un passaggio importante e naturale perché non ho fatto altro che rendere visibile il mio lavoro di autrice, quello che io già faccio per la puntata. Per esempio, quasi tutte le interviste che montiamo nella docufiction sono realizzate da me. La conduzione è stata semplicemente un mostrare quello che già avveniva".
Come è stato lavorare al fianco di Veronica Pivetti? "Con Veronica mi sono trovata molto bene così come con tutte le altre attrici che l’hanno preceduta. L'ho scelta confrontandomi con il direttore di Rai3. Volevamo un volto che fosse molto riconoscibile e popolare. Veronica, per il tipo di percorso professionale che ha nel cinema, nel teatro ma soprattutto nella fiction, è un volto estremamente riconoscibile dal pubblico televisivo".
Veronica Pivetti è piaciuta molto al pubblico. La rivedremo nella prossima edizione? "Non abbiamo ancora pensato alla prossima edizione. Posso dire, in generale, che squadra che vince non si cambia".
Come nasce una docufiction di ‘Amore Criminale'
Data la delicatezza dei temi trattati, vi ponete delle regole prima di ripercorrere un caso? "Le regole sono tante e sono molto rigorose. La prima è quella di non aggiungere altro dolore a quello che le famiglie delle vittime o le donne sopravvissute a maltrattamenti e tentativi di omicidio sopportano già. È importante quando costruiamo una storia, non calcare la mano su dettagli spesso inutili. ‘Amore Criminale’ è una trasmissione di servizio, quindi l’obiettivo è quello di ricostruire storie nelle quali le donne possano riconoscere alcuni campanelli d’allarme. Spesso ci scrivono alla fine delle puntate delle donne che ci dicono ‘Anch’io vivo quell’esperienza. Forse sono in pericolo’. L’altra regola importante è sottrarre nel racconto tutto ciò che è morboso e che può suscitare sentimenti voyeuristici. Il racconto è essenziale, rigoroso e basato sulle testimonianze della famiglia della vittima. Inoltre, c’è uno studio molto attento sulla verità processuale e quindi sugli atti giudiziari".
Il meccanismo che trasforma l'amore in morte
Come ritieni che scatti il meccanismo che trasforma l’amore in morte? "Il denominatore comune di queste storie è il possesso. Quando c’è una situazione di violenza c’è sempre possesso, esercizio del potere, predominio. La violenza sulle donne è un problema culturale, è un problema di mentalità ed è lì che bisogna lavorare. Bisogna sforzarsi di cambiare una mentalità vecchia, arcaica, che vuole la donna sottomessa".
In alcuni casi, il delitto si compie nonostante le vittime si rivolgano con insistenza alle autorità. Il femminicidio è un problema sottovalutato? "Io non credo che il problema della violenza sulle donne sia sottovalutato, le leggi ci sono. Il problema è un altro, di mancanza di mezzi e di uomini da parte delle Forze dell’Ordine, che fanno veramente fatica a proteggere una donna che ha presentato denuncia. E poi Polizia e Carabinieri non possono agire da soli, devono essere autorizzati dalla magistratura. A volte, nelle maglie del sistema burocratico della giustizia italiana, qualcosa si può ahimè perdere di vista".