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Litigi, antipatie, inciuci: ormai la Tv sembra essere solo questo

L’affaire Cuccarini-Matano è solo l’ennesimo screzio Tv che diventa un caso mediatico. Era successo con Giancarlo Magalli e Adriana Volpe, Francesco Vecchi e Federica Panicucci, Francesca Fialdini e Tiberio Timperi. In tutti i casi la vicenda era andata ben oltre il contenuto del programma, dimostrando come i pettegolezzi del dietro le quinte valgano, spesso, più della sostanza dei programmi.
A cura di Andrea Parrella
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La stagione televisiva senza precedenti che abbiamo vissuto si è chiusa con un vero colpo di scena, che porta la firma di Lorella Cuccarini e trascina con sé anche Alberto Matano. Fare un riassunto di quanto accaduto sarebbe inutile, visto che la vicenda è sulla bocca di tutti da un paio di giorni, ci si limiterà a dire che la spaccatura tra i due conduttori è solo l'ennesimo esempio di una dinamica sempre più ricorrente nella televisione contemporanea, in cui le vicende personali dei volti in primo piano fagocitano le trasmissioni stesse, declassandole a mero elemento di sfondo di simpatie o, come in questo caso, antipatie tra i conduttori che nulla hanno a che fare con il contenitore stesso.

Prima di Cuccarini e Matano: gli screzi della Tv

Quella che ha condotto quest'ultima stagione de La Vita in Diretta, è solo l'ultima di tante coppie televisive alla conduzione segnate dalla "narrazione dello scazzo". I casi più eclatanti degli ultimi anni li abbiamo avuti con Giancarlo Magalli e Adriana Volpe, che in questi giorni hanno ristabilito il loro ruolo di antesignani del genere, Federica Panicucci e Francesco Vecchi, "scoppiati" per un fuorionda di Striscia, Tiberio Timperi e Francesca Fialdini, bravi a convertire i loro spigoli caratteriali in una risorsa. Non è un caso che tutti questi esempi siano riferiti a programmi quotidiani di lunga durata, che sollecitano la pazienza delle persone. Ma cosa ci dice questo elemento narrativo più che ricorrente in questi ultimi anni?

Ci dice che, al netto dei caratteri dei singoli, la televisione si è trasformata sempre di più in una finestra su se stessa, una sorta di second life nella quale vita privata e vita pubblica degli attori che ne fanno parte sono totalmente compenetrate l'una nell'altra, indistinguibili. Il personaggio televisivo più amato non è necessariamente il più bravo, quello che mostra maggiore professionalità, bensì quello che meglio degli altri sa restituire se stesso al pubblico in modo autentico. L'autenticità, questo è il fattore che conta di più e la centralità di tale elemento nei meccanismi televisivi e nel racconto che di essi si fa, genera una caccia all'antipatia della tal conduttrice per il suo collega uomo o viceversa, alle voci di corridoio su quel diverbio sfociato da una parolina di troppo, al litigio per quell'egocentrismo dell'altro/a troppo pronunciato.

Se i social sono parte del problema

A questa affannosa ricerca dello screzio nel dietro le quinte funzionale a sbugiardare una eventuale complicità mostrata in video (qui ritorna l'autenticità di cui sopra) si aggiungono i social network, strumento di misurazione degli umori (e malumori) di un personaggio Tv, ma soprattutto organo di costruzione del proprio consenso fuori dal mezzo televisivo: un pubblico fedele e quantificabile su Instagram, Facebook e Twitter rende un personaggio più forte ed autonomo, oltre ad essere un'arma nella fase di contrattazione.

Qual è, dunque, la morale? Che di televisione si tende sempre più a parlare per quello che succede fuori dal video, anziché della qualità di un dato prodotto televisivo. Lo screzio potenziale tra Lorella Cuccarini e Alberto Matano è già, che piaccia o no, parte della loro storia professionale e già da oggi qualsiasi intervista o dichiarazione non potrà prescindere da un commento sulla questione. Passa in secondo piano loro stagione a La Vita in Diretta (peraltro condotta egregiamente, considerando le difficoltà ad andare in onda durante il lockdown) già finita nel dimenticatoio e soppiantata da un chiacchiericcio fatto di parole chiave come "maschilista", "ego sfrenato" e "sovranismo". È un bene che sia così? No di certo, ma è indubbio che sia sempre più così.

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