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La domenica in cui Giuseppe Conte invase le Tv e capimmo che il Covid non era uno scherzo

Da Domenica In agli studi di Lucia Annunziata, poi Che Tempo Che Fa, Live – Non è la d’Urso e Non è l’arena. Era il 23 febbraio del 2020 quando il premier Giuseppe Conte si collegò con tutti i principali programmi della domenica per spiegare agli italiani cosa stesse accadendo. Erano i primi sentori di un’atmosfera da guerra che abbiamo imparato a conoscere.
A cura di Andrea Parrella
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Doveva essere una domenica come le altre e non fu così. Anzi, di domeniche come le altre, dopo, non ce ne sarebbero state più. Era il 23 febbraio del 2020, la cosa di cui si discuteva di più era ancora il litigio tra Bugo e Morgan a Sanremo, ma quel giorno in televisione accadde qualcosa che, col senno di poi, si può leggere come l'inizio di tutto. Perché se il virus già correva spedito e invadeva l'Italia, noi non lo avevamo ancora compreso. Mentre quel giorno la massa capì.

In quella domenica l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte sceglieva la televisione come strumento più efficace per fare chiarezza. Ne derivò una sequela di apparizioni televisive che assunsero, con il passare delle settimane, il senso di veri e propri messaggi alla nazione. Una domenica con Conte a reti unificate, se si elencano i programmi che il premier invase in quelle ore. Abbigliamento semplice, inusuale, che proprio per queste tradiva la gravità di quelle ore, con quel maglione tipicamente domenicale che andava a sostituire il classico stile istituzionale.

In poche ore Giuseppe Conte si collegò con il salotto di Mara Venier a Domenica In, con Lucia Annunziata a In mezz'ora e quindi in prima serata, prima con Fabio Fazio a Che Tempo Che Fapoi con Barbara D'Urso a Live e infine con Massimo Giletti a Non è l'arenaUn uso massiccio di quel mezzo, la televisione, che è stato rifugio di cruciale rilevanza in questi mesi.

In questi giorni tornano alla mente i ricordi personali che vanno a costituire quel senso di memoria collettiva molto vivo in noi. che sentiamo di aver fatto parte, seppure malvolentieri, di un momento storico di enorme portata. Il 23 febbraio 2020 Giuseppe Conte pronunciava con tono grave, per la prima volta, parole con cui avremmo familiarizzato nei mesi successivi, snocciolando cifre ancora approssimative, ma soprattutto spendendosi nel tentativo di rassicurare la popolazione e metterla in guardia da qualcosa di cui non erano ben chiare le proporzioni. Né a chi parlava, né a chi ascoltava.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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