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Ilaria D’Amico è diventata un problema per Sky?

La gaffe della conduttrice che ha indignato i partenopei risveglia tutta l’ostilità proletaria nei confronti di un personaggio televisivo che paga la possibile condizione conflittuale dovuta alla sua sfera sentimentale. Ma Ilaria D’Amico è davvero passata dall’essere un simbolo di Sky a un problema per l’emittente, o questa è una percezione limitata ai soli tifosi napoletani?
A cura di Andrea Parrella
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Fino a qualche anno fa Sky Sport appariva come un luogo incapace di prescindere dalla presenza di Ilaria D'Amico. La conduttrice, che ha sposato la causa dell'emittente satellitare dal 2003, divenendo il volto del calcio raccontato in una chiave nuova, moderna, oltre gli standard della Tv generalista, oggi si ritrova a vivere un momento della sua carriera particolarmente turbolento, almeno per la percezione che si ha del suo ruolo di conduttrice.

L'indignazione neo borbonica per le sue affermazioni sui tifosi dell'Ajax colpevoli di un presunto “approccio troppo partenopeo […] da triccheballacche”, oltre a sollevare qualche perplessità sul significato dell'associazione, rappresenta solo l'ultimo di una serie di affermazioni della conduttrice a metà tra lo strafalcione e il giudizio ritenuto inopportuno e fuori luogo. Non a caso il post partita di Ajax-Juventus è stato teatro di un'altra piccola gaffe (così ci piace chiamarle) relativa al sistema diseducativo di Allegri, che indurrebbe i suoi a rimanere in piedi quando subiscono fallo, anziché lasciarsi cadere: "Troppo onesti, li state tirando su troppo onesti", ha detto la D'Amico al tecnico della Juve.

I toni erano naturalmente ironici, frasi pronunciate in un clima di leggerezza, tutto questo è chiaro. Così come è evidente che la maggior parte dei momenti televisivi finiti nel tritacarne della viralità web finiscono per essere oggetto di una decontestualizzazione, dunque di una deformazione. Ma la durezza con la quale vengono il più delle volte accolte le frasi involontariamente infelici della D'Amico lasciano pensare a un volto che da risorsa si trasforma in un potenziale problema, capace di mettere in secondo piano le indiscusse e indiscutibili qualità professionali di una giornalista che in carriera ha dimostrato di saper condurre qualsiasi tipo di programma.

Vi è come la percezione di una rivolta antijuventina, di carattere proletario, proveniente da un certo tipo di pubblico di Sky, si suppone quello che fa il tifo per altre squadre, nei confronti della giornalista. In questo scenario Ilaria D'Amico pagherebbe l'avvicinamento sentimentale a un calciatore della squadra più forte e potente d'Italia e, di conseguenza, la costante minaccia di un possibile conflitto di interessi rispetto alla posizione ricoperta.

Un problema, questo del conflitto, che esiste potenzialmente da tempo, visto che la vicenda sentimentale con Buffon va avanti ufficialmente da più di quattro anni. Problema che evidentemente non è tale per Sky, emittente privata che sarebbe certamente corsa ai ripari se avesse percepito una flessione di abbonati, o proteste esplicite imputabili al volto storico della rete. Al netto di voci di corridoio, invece, mai si è sentito parlare di un suo possibile allontanamento o demansionamento. Il rischio che si tratti di una questione ingigantita e circoscritta a un gruppo ristretto di pubblico esiste.

Se un problema D'Amico c'è, si è invece più orientati a credere che sia identificabile con i primi segnali di stanchezza di quella generazione di volti Sky che ha cambiato il modo di raccontare il calcio in Italia. La D'Amico è oggetto di un'ostilità simile a quella che vede spesso protagonista un altro decano di Sky Sport come Fabio Caressa. Ostilità che sembra attribuibile alla sensazione diffusa che quella classe di giornalisti, quella della vittoria dei Mondiali del 2006, abbia bisogno di un ricambio generazionale.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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