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Il Collegio 5

Il Collegio 3, il programma che parla di ragazzi e riporta i ragazzi davanti alla Tv

La terza edizione de “Il Collegio” sembra restituire l’idea di un programma maturo, consapevole, con un cast che funziona e che riesce a vincere la sfida del factual: dare l’impressione che i protagonisti si scordino della presenza di telecamere. Il grande successo tra i giovani e sui social è probabilmente dovuto a questo.
A cura di Andrea Parrella
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Con la terza stagione Il Collegio 3 ha finalmente trovato la sua dimensione. Il format di Rai2, prodotto da Magnolia, è partito con un risultato che fa certamente sorridere la rete diretta da Carlo Freccero e che racconta prima di tutto una storia positiva: quella di un prodotto televisivo di prima serata capace di attirare un importante fetta di pubblico giovane. In fondo, pur volendo uscire dalla retorica dei nuovi mezzi di comunicazione che sostituiscono quelli tradizionali, è ciò di cui la televisione ha più bisogno in questo momento storico. Il Collegio ha interessato 1.896.000 spettatori pari al 7.8%, ma a contare molto è l'interesse suscitato nella fascia di età tra gli 11 e i 16 anni e, in particolare, un 41% sul target 8-14 anni.

L'idea de Il Collegio 3 è sempre stata affascinante, ma da quello che si è visto in questa prima puntata il grande boato generato in termini di interazioni sui social ha una motivazione: la trasmissione sembra aver trovato definitivamente una fluidità che pareva mancare nelle due precedenti stagioni, che pure erano state in grado di coinvolgere il pubblico e avviare alcuni dei protagonisti alla carriera nel mondo dello spettacolo, o in qualche maniera a rafforzare la loro già preesistente visibilità sui social.

Due esempi su tutti: quello di Jenny De Nucci, che dopo aver partecipato alla seconda edizione ha raggiunto una incredibile popolarità, iniziandosi alla carriera letteraria con la pubblicazione di un romanzo; e quello di Alice De Bortoli, che invece è arrivata all'edizione ora in onda con un seguito già consolidato e importante. La disinvoltura dei ragazzi che animano il programma è l'arma a doppio taglio de Il Collegio. Se da un lato può dare vita a dinamiche interessanti, dall'altro può penalizzare l'elemento verità.

Il format d'altronde trova origine nell'idea intrigante di catapultare un gruppo di adolescenti dai 14 ai 17 anni in un collegio degli anni '60. Spogliati di tutti i loro comfort, dallo smartphone ai vezzi di stile e moda contemporanei, i ragazzi sono chiamati anche a confrontarsi con un modello di insegnamento severo e arcaico. Complici i protagonisti, certamente, e le interazioni tra gli studenti e i docenti, si possono o meno creare le condizioni per la riuscita di questa tipologia di programma.

La sfida del factual, il genere televisivo che regola il Collegio, è creare delle condizioni nelle quali i protagonisti, pur consapevoli della presenza delle telecamere, si comportino con naturalezza al netto della condizione di cattività. Si ritiene che in fisica e biologia gli esperimenti contemplino sempre un errore minimo, perché nel momento in cui si osserva un evento, la stessa osservazione induce un errore, il cui margine si amplia se ad essere osservati sono essere senzienti. E Il Collegio, come tutti i factual, è in qualche maniera comparabile a un esperimento, in cui si osservano i comportamenti delle persone in un contesto chiuso e condizionato. Se è quindi impossibile che i comportamenti degli studenti siano totalmente naturali, perché il programma funzioni ci si aspetta che siano credibili. In questa edizione sta accadendo davvero.

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