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I Dieci Comandamenti di Roberto Benigni è quello che ci serve in questa Fase 2

Nella prima serata di sabato 9 maggio torna su Rai1 “I Dieci Comandamenti”, lo show con cui sei anni fa Roberto Benigni incollava al televisore gli italiani e li invitava a riflettere sulla quotidianità, partendo da quelli che abbiamo sempre indicato come dei dogmi religiosi, ma che se considerati nella loro semplicità possono essere dei “consigli” sul buon senso. In un momento in cui è proprio il buon senso quello che si richiede a tutti i cittadini in questa Fase 2, forse, starli ad ascoltare non è poi una cattiva idea.
A cura di Ilaria Costabile
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Era il 2014 quando Roberto Benigni decise di dedicare due serate alla lettura della Bibbia, analizzando in tv i dogmi su cui si basa la religione cristiana, quei Dieci Comandamenti che dovrebbero dettare le regole del buon senso e del vivere comune, prima ancora che l'appartenenza ad un credo religioso. Ebbene, a distanza di sei anni dalla messa in onda di quello che a tutti gli effetti fu uno show fuori dal comune, ritorna in prima serata, sabato 9 maggio, lo spettacolo con il quale il regista e attore toscano catturò il cuore del pubblico italiano; e forse non c'è momento migliore che questo per sedersi, riflettere, ascoltare, sperando che le parole facciano ancora presa su un'Italia allo sbando e in lotta con la paura di crollare da un momento all'altro.

L'Italia, o forse sarebbe più corretto dire il mondo intero, è ormai sottosopra, dopo mesi di caos, di terrore, di incertezza, siamo ancora lontani dal recuperare quella normalità che più si allontana dal quotidiano più sembra straordinaria. In un momento storico così particolare, così intenso e fuori dalla portata di qualsiasi studioso, perché una pandemia non si può prevedere, o quanto meno non è così intuitivo predirne gli effetti, ecco, in un periodo così denso forse sono proprio le parole più semplici, quelle ancestrali, che ci vengono da un passato così remoto che è difficile anche da immaginare, ad essere più efficaci, dirette e vere. Roberto Benigni, quindi, cade a ‘fagiuolo‘. Non è la meraviglia allegorica di Dante il focus delle sue parole, non è la terzina incatenata che scaturisce le sue riflessioni, no, sono quelli che tutti siamo soliti chiamare comandamenti, ma che se scarnificati della loro sostanza religiosa non possono che essere dei consigli, degli accorgimenti. Dopo la decisione del Governo di acconsentire alla riapertura delle chiese, concederci una lettura analitica di un testo sacro, forse, non è poi così azzardato, visto l'incombente bisogno di spiritualità che alberga in ognuno di noi.

"Il senso del tutto è nel silenzio. Pensate oggi quanto ce ne sarebbe bisogno: siamo tutti sempre connessi con tutto il mondo, ma disconnessi con noi stessi. Nessuno ha più il coraggio di rimanere da solo con se stesso. Ma i comandamenti ci dicono di fermarci: siamo andati talmente di corsa con il corpo, che la nostra anima è rimasta indietro. Fermiamoci, altrimenti la perdiamo per sempre": all'epoca della prima messa in onda, queste furono le parole con cui l'attore introdusse il suo racconto, la sua spiegazione didascalica (a tratti filosofeggiante) a mo' di maestro Manzi. E mai come ora queste parole le sentiamo nostre: sappiamo cosa vuol dire sentire il silenzio, sappiamo oggi più che mai cosa vuol dire rimanere soli con noi stessi, sappiamo quanto abbiamo corso per poi fermarci d'un botto, ma siamo davvero sicuri che tutto questo ci sia servito?

Non sapremo mai, o quanto meno non a breve, se saremo migliori. Non sapremo se tutta questo ci sarà stato utile, ma possiamo imparare da quanto ci è accaduto e possiamo attingere insegnamenti da quelli che abbiamo sempre visto come dei dogmi, delle imposizioni e prenderne il buono, prenderne la parte costruttiva e profonda, ma soprattutto ascoltare Benigni nella sua veste di cantore, proprio come se ci stesse raccontando una storia da cui trarre profitto.

Ecco perché, in conclusione di questa prima settimana di Fase 2 non può esserci una chiosa migliore di questa, perché in fin dei condi siamo umani e come tali inciampiamo costantemente nell'errore, abbiamo bisogno di essere indirizzati, è necessario rispolverare la memoria, ingolfata da tanti pensieri. Non necessitiamo di maestri, né tanto meno di paternali, tra governatori, politici ed esperti ne abbiamo sentite tante in questi mesi, ma una ventata di retorica non spicciola, ma studiata, che si nutre della cultura, non fa mai male, soprattutto se, come immagino, in fin dei conti siamo tutti alla ricerca della felicità perché "anche se lei sembra che si dimentichi di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei", soprattutto adesso che ci sembra così lontana.

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