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Sanremo 2018

Ermal Meta e Fabrizio Moro restano in gara, ma la Rai non ci fa una bella figura

Perché il caso Meta-Moro rischia di offuscare la bellezza di un uno spettacolo che è anche sostenuta da risultati che non si vedevano dal 2005. Tutto solo perché la Rai ha paura di privarsi di due dei suoi protagonisti più in vista.
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Sono solo canzonette, non mettetemi alle strette. È perfetta per Claudio Baglioni perché con "Non mi avete fatto niente", il Festival si sta facendo bollente per il direttore-dittatore. Il caso della canzone auto-plagio di Ermal Meta e Fabrizio Moro rischia di occupare molto più spazio di quanto non ne meriti in realtà, offuscando la bellezza dello spettacolo che, peraltro, è sostenuta anche da risultati che non si vedevano per una prima serata dal 2005. Eppure il teatrino visto questa mattina in sala stampa non è stato per niente di buon gusto, a partire dalle confuse dichiarazioni dei suoi protagonisti.

Le dichiarazioni contrastanti

La prima dichiarazione di Baglioni sembrava misurata: spiegava che il brano del duo non è un plagio ma una sorta di auto-citazione di "Silenzio" fatta dal suo autore principale Andrea Febo, in punta di piedi spiega che "verranno fatte valutazioni". Peccato sia stata smentita subito dopo Claudio Fasulo, autore e dirigente Rai, che chiude la questione negando ogni scoop, tirando in ballo modifiche al regolamento, su tutte la possibilità di poter utilizzare il 30% di un brano precedente come "campionamento".

Perché la Rai vuole tenere dentro Meta e Moro

La storia non sta in piedi e l'aria si fa pesante quando in sala stampa viene fatto notare che la "Silenzio" scritta da Andrea Febo per Ambra Calvani e Gabriele De Pascali, non solo sarebbe stata presentata alle selezioni di Sanremo Giovani 2016 e suonata in due occasioni in pubblico, ma avrebbe persino generato introiti Siae per 12 euro. La confusione nel passarsi una palla rovente in sala stampa tra Angelo Teodoli e Claudio Fasulo, incalzati e stizziti, e un Baglioni pacatissimo, va detto, e il successivo ritrattare di Teodoli ("Si, faremo delle verifiche") genera il sospetto che la Rai si sia resa conto, già a bocce ferme, di avere in "Non mi avete fatto niente" una canzone simbolo da portare alla vittoria, o quantomeno da tenere in gara a tutti costi.

Il regolamento è grottesco per una competizione

Siamo qui però nel campo di una regolamentazione che ha mostrato più di un buco. Come faceva notare bene Molendini in sala stampa, è come se Baglioni decidesse di presentarsi in gara a Sanremo ricampionando il 30% di "Questo piccolo grande amore", partendo così con un vantaggio, dal punto di vista simbolico, determinante. In sala stampa si è risposto: "Si, però Baglioni è Baglioni". Non c'entra, signori, sarebbe comunque grottesco, oltremodo bizzarro e scorretto, regolamento o meno. Non regge nemmeno il tentativo di Claudio Baglioni di specificare che la forma canzone moderna ha perso il ritornello, dividendosi in quattro parti uguali e rendendo difficile la sua individuazione. Il brano di Meta-Moro non ha una forma moderna, ma è di forma classica ABAB, strofa e ritornello. E quello di "Non mi avete fatto niente", che è poi la parte incriminata, è chiarissimo ed è appunto identico a "Silenzio".

Quindi, ok, la "presunzione d'innocenza", citata da Teodoli, di Ermal Meta e Fabrizio Moro ci può stare, ci mancherebbe, ma a questo punto verrebbe meno qualsiasi intenzione d'onestà e semplicità con cui il Festival di Baglioni è stato presentato. Per questo, è lecito pensare che ci sia la volontà della Rai di tenere la canzone dentro, chiudere entrambi gli occhi e nascondersi dietro a un dito, solo per paura di privarsi dei suoi due protagonisti più in vista.

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