“C’è Posta per te” è legge, per la De Filippi non si incazza più nessuno
"C'è Posta per te" è ricominciato ieri sera, battendo nella gara d'ascolti un pimpante Massimo Ranieri di un soffio, al punto che il pimpante Massimo Ranieri può quasi ritenersi vincitore. Che la De Filippi sarebbe stata premiata dal pubblico è indubbio, per tanti fattori che hanno fatto sì Maria divenisse la migliore amica di chi tenesse in mano un telecomando. Una dote innata, non c'è che dire, da riconoscere senza il minimo dubbio. Se io mi trovassi davanti alla De Filippi, probabilmente la abbraccerei, le manifesterei la mia stima, apprezzerei il suo lato umano. Guardando la prima puntata di ieri sera, aldilà del fastidio cronico per il sentimentalismo smodato, strizzato sino all'ultima goccia, ho avvertito un sorriso automatico fare capolino sul mio viso nei momenti di massima empatia, nonostante il fastidio cronico.
Ma a guardare il programma una sensazione avvertita mi ha veramente sorpreso: la normalizzazione. Premetto, forse si tratta di una conclusione raggiunta in ritardo madronale, qualcuno dirà "e te ne accorgi solo ora?", ma sì, io me ne accorgo solo ora. Cioè afferro soltanto adesso che il defilippismo, cioè l'inventare niente bensì il performare e perfezionare le lacrime con l'aiuto di musiche ed elementi scenici fanciulleschi, rilegando il tutto con la presenza "inteneritrice" dei bambini, non solo non sia più una novità (e ci mancherebbe!), ma non fa incazzare più nessuno. E' come se non andasse più di moda, come se l'orecchio si fosse abituato sì tanto da non percepire più il suono delle polemiche, o esserne addirittura infastidito. Arrabbiarsi per la De Filippi ai tempi di Real Time finisce per essere qualcosa che somigli al guardare il dito mentre si indica la luna, non occuparsi del problema attuale.
Un problema attuale come quello dell'immensa polemica su "Il Boss delle cerimonie", che ha fatto inviperire un esercito di napoletani, partito armato di penna per una crociata contro il canale tematico aspirante generalista, una crociata che è nient'altro che una petizione. Alcuni diranno che i matrimoni a Napoli sono anche così, bisogna accettarlo, altri che quello raccontato da Real Time non è trash, ma semplicemente passione. Fatto sta che la gente si è incazzata. Come se Real Time rappresentasse la nuova frontiera delocalizzante della fragile capacità di indignazione dei telespettatori, mettendone a nudo tutta la debolezza e occasionalità (se i napoletani dimostrassero lo stesso vigore nel protestare contro programmi tv eventualmente dementi e non contro programmi tv eventualmente dementi che "offrono una visione parziale di ciò che è la città di Napoli", la tv sarebbe un posto migliore).
Invece Maria De Filippi, una volta terreno di battaglia per dispute infinite su quanto fosse trash o meno, oggi si gode il successo assicurato da tutti gli amici da casa (lo stesso zoccolo duro di amici che un giorno, quando forse Maria tenterà il passo di fare una tv più impegnata, la legittimerà dimenticandosi le troppe lacrime di cui ha parlato in passato). E' inesorabilmente la raffigurazione del minimo sindacale in termini di indignazione: quel qualcuno che ogni tanto continua a provare imbarazzo nel trovarsi davanti ai suoi ritratti melensi e patetici (nel senso che muovono pathos), una volta cambiava canale, oggi capisce di avere un'espressione commossa nel momento preciso in cui capisce di voler impugnare il telecomando, domani dirà che, dopotutto, Maria è una brava conduttrice.