Strappare lungo i bordi: “Zerocalcare troppo romano”, la risposta del fumettista sull’uso del dialetto
Proporzionale al successo senza precedenti della prima serie animata di Zerocalcare su Netflix ci sono state solo alcune critiche al suo modo di realizzarla. Una parlata romana incomprensibile, la dizione inesistente, parole fagocitate dalla fretta di esaurire i concetti, "polemiche all'amatriciana". Questi i punti emersi nell'attacco a Strappare lungo i bordi, che incomprensibilmente scivola al centro di un dibattito linguistico. La scelta del doppio registro, italiano e romanesco, non è mai stata casuale nei lavori di Michele Rech, fumettista cinico che vive la sua estrema sensibilità come un accollo e, al contempo, come un gancio empatico con il mondo esterno.
Zerocalcare: "Il dialetto romano è la lingua della comfort zone"
Nell'intervista rilasciata a Fanpage.it in occasione del lancio della serie alla Festa del cinema di Roma, Zerocalcare commentò così la scelta di avvalersi di due registri linguistici che riuscissero a tradurre i suoi piani emozionali: uno, quello legato alla lingua italiana, più analitico e riflessivo, e l'altro, quello del romanesco biascicato, più istintuale e liberatorio.
Le persone che ammiro di più e che mi fanno più ridere al mondo sono le persone che riescono a switchare su registri linguistici diversi, a passare da uno molto aulico a uno molto basso, dialettale. Sono le persone che rispetto di più al mondo. Per me, paradossalmente, il romano è la lingua della comfort zone: io parlo più romano nelle interviste che con mia madre, non perché lo devo ostentare ma perché è la mia questione identitaria, che mi fa sentire trincerato nel mio fortino.
L'utilizzo del dialetto nei cartoni animati
Una questione legata al bilanciamento di piani e contrasti emotivi? Sembra proprio di sì, e non solo. Zerocalcare si soffermò anche sul mancato uso del dialetto nei cartoni animati e su come averlo inserito in Strappare lungo i bordi gli abbia consentito di spaziare in approcci meno incasellati, in racconti esistenziali più aderenti al quotidiano e non necessariamente incastrati nella purezza di un solo linguaggio:
Sì, questa cosa di dividere i registri per me è sempre funzionale a raccontare i contrasti: un piano più astratto, quello in cui si fanno discorsi più ampi e di respiro, contrapposto al piano dell’intimo, in cui mi piace che il linguaggio sia più diretto, più aderente a quello che usiamo veramente. Tra l’altro, il dialetto non si usa mai nei cartoni animati, nei quali magari, nel caso dei cartoni per adulti, ci può stare la parolaccia. Mi piaceva tanto il fatto di mettercelo dentro.