Ironica, viscerale, sincera. Speravo de morì prima, la serie su Francesco Totti al debutto il 19 marzo alle 21.15 su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv, è proprio come il Capitano. Non era facile centrare l'obiettivo per quanto scivoloso sia parlare di un universo che, in fin dei conti, è ancora così vivo nella memoria di sportivi e non. Si poteva cadere nel retorico, nel cliché, nel pomposo, o peggio, nella macchietta. E invece la serie tv diretta da Luca Ribuoli con Pietro Castellitto nei panni del numero 10 della Roma è deliziosa e perfetta proprio perché riesce a disinnescare quei rischi con un registro spensierato. Poteva finire per essere una serie drammatica, invece è una commedia tutta da sorridere.
Bastano pochi minuti, un paio di inquadrature e il patto con lo spettatore è siglato; tutti i personaggi si muovono nei binari giusti, la sospensione d'incredulità funziona. Non c'è pericolo di cadere in un equivoco. La struttura regge fino alla fine e i paragoni potenzialmente ingombranti con tutti i personaggi viventi e attuali, si dissolvono. Pietro Castellitto, che non è lontanamente vicino fisicamente a Francesco Totti, è invece semplicemente perfetto. E, proprio come sul rettangolo di gioco, più avanza il minutaggio tanto più l'attore entra in partita. E questo concetto vale per tutti: Greta Scarano–Ilary Blasi (is on fire! è un momento d'oro per l'attrice), Gianmarco Tognazzi nel ruolo di Luciano Spalletti (un grande lavoro, il suo), Gabriel Montesi–Antonio Cassano (delizioso!), Monica Guerritore nei panni di Mamma Fiorella e Giorgio Colangeli nel ruolo di Enzo, il padre di Totti.
Il merito è di una scrittura (di Stefano Bises, con Michele Astori e Maurizio Careddu) che si prende la libertà di giocare anche con l'onirico e con il metafisico. Passaggi che aiutano molto a mantenere un accordo con chi guarda, come a dire: stiamo raccontando la storia di Francesco Totti, ma questa è anche la tua storia. Ed ecco che al centro della scena ci finisce la passione per il pallone: la romanità e l'amore romanista qui sintetizzato nel senso più universale e ampio possibile. Questa storia di Francesco Totti, che si è visto negli ultimi due anni di carriera costretto mettere in discussione per un'ultima volta, un necessario viatico al tragico epilogo – il ritiro, appunto: Speravo de morì prima – valeva la pena di essere raccontata anche in questo modo. La migliore possibile dopo "Mi chiamo Francesco Totti" di Alex Infascelli. Complimenti.