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Regolare l’uso dei social di giornalisti e dipendenti, la Rai corre ai ripari dopo il caso SeaWatch

In seguito al caso dei tweet pubblicati dalla giornalista Anna Mazzone contro Carola Rackete e i parlamentari Pd, spetterà alla commissione di vigilanza Rai (responsabile Michele Anzaldi) stilare un documento che valga da codice etico ed eviti a giornalisti e dipendenti, tra le altre cose, di pubblicare post offensivi nei confronti dei diversi partiti politici e definire il comportamento da tenere nelle interviste.
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A cura di Andrea Parrella
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Un codice etico che regoli l'uso dei social da parte dei dipendenti Rai. Così la Commissione di vigilanza proverà a placare le polemiche sollevate negli ultimi giorni ed evitare situazioni di imbarazzo per l'azienda, come quella generata dal divisivo tweet pubblicato da una giornalista del servizio pubblico in seguito al caso SeaWatch.

L'Ufficio di Presidenza della bicamerale ha affidato a Michele Anzaldi del Pd il compito di stesura del documento, che prenderà a riferimento le circolari passate interne all'azienda, quella del 2012 a firma Lorenza Lei e quella rifirmata da Salini proprio in questi giorni, a ribadire il concetto. L'obiettivo sarebbe quello di approvare alcune regole che impediscano ai giornalisti, ma anche agli altri lavoratori del servizio pubblico, di pubblicare post offensivi nei confronti dei diversi partiti politici e definire il comportamento da tenere nelle interviste.

L'attuale clima politico, fatto di divisioni forti su enormi casi mediatici destinati a gonfiarsi come bolle improvvise, che poi scoppiano per lasciare spazio ad altre bolle, è terreno fertilissimo per la degenerazione di casi come quello dei giorni scorsi, riguardante la giornalista Rai Anna Mazzone, che sulla scia della vicenda SeaWatch ha espresso un parere molto deciso sulla situazione e sui suoi protagonisti, attaccando la comandante Carola Rackete (l'aveva definita "crucca") e pronunciandosi, tutto questo via Twitter, sui parlamentari del Pd saliti sull'imbarcazione nelle ore più delicate.

Anna Mazzone, che aveva rivendicato le proprie posizioni e la sua libertà d'espressione chiamando in causa Pasolini era stata contestata  da diversi commentatori sui social, prima che Michele Anzaldi e Ivan Scalfarotto del Partito Democratico chiedessero un'interrogazione parlamentare per giudicare se il suo fosse stato un comportamento consono.

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