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“Quello che (non) ho” non ha la #PrimaVolta

Questa sera tornano, su La7, Fabio Fazio e Roberto Saviano: proveranno a raccontare una rabbia tramutata in disillusione, un’indignazione mitigata. Per questo sarà difficile ripetersi, ma il coraggio di riprovarci è ancora più apprezzabile..
A cura di Andrea Parrella
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Che cosa dovremo aspettarci da Quello che (non) ho? Le perplessità riguardano non solo la forma, ma anche e soprattutto la previsione degli esiti, i risultati in termini di presa sul pubblico. Questa non è una circonlocuzione per intendere share, ascolti e numeri. Trattasi proprio della forza potenziale d'urto che questo secondo esperimento possa vantare se paragonato al suo fratello maggiore, quel Vieni via con me che fu.

E' una forza  potenziale ridimensionata in partenza, è sicuro. Manca l'alchimia di fattori che rese unica l'esperienza di Vieni via con me: tutto rientrava in una quadratura perfetta. C'era l'indignazione montata a livelli difficilmente ripetibili, era una fase dell'indignazione ancora propositiva, in quanto nulla era riuscito a spegnerla, poiché i motivi dell'indignazione stessa continuavano a presenziare durante il periodo della messa in onda. Anzi, c'era di magnifico che Vieni via con me apparisse come un luogo surreale nel quale si potessero dire e fare cose normalmente censurate da un quieto vivere generale, non da una censura di fatto.

Ma emblematico e primario fu il fattore PrimaVolta. Quella di Fabio Fazio e Roberto Saviano innalzati a binomio vincente, lì insieme che declamavano e davano modo d'esprimere tutto lo sdegno possibile, senza filtro alcuno. La stagione delle PrimeVolte, l'anno scorso, sembrò una primavera che lasciava presagire potesse accadere qualcosa di pratico. Tanta era la forza di quel movimento che si credeva ad uno scossone verosimile ad un sistema marcio e tanto bistrattato. Uno scossone immediato, istantaneo come un terremoto. L'effetto tellurico dirompente non c'è stato, ma saremmo disonesti e troppo disfattisti nel dire che delle conseguenza non si siano viste, che un'impronta di sciame sismico non ci sia stata. Vieni via con me è stato una propaggine di qualcosa che da qualche mese provoca qualcosa, ma che non si sa ancora bene cosa sia e se sia veramente qualcosa di spesso e robusto.

A Quello che (non) ho manca tutto questo ed è inoltre impossibile possa acquisire anche solo uno dei fattori PrimaVolta, semplicemente perché non è la prima volta. Un nuovo governo ha apparentemente spento lo spirito incendiario di poco più di un anno fa. Di quel fuoco non è rimasta la fiamma (questo solo grazie alla sobrietà dei tempi) ma la legna è ancora lì, umida di benzina. Resta, dell'indignazione, la parte più importante, le cause. Fazio e Saviano, con i loro autori, saranno ben consapevoli di tutto ciò, sicuramente intenzionati a raccontare queste stesse cause. Non c'è dubbio, però, che sia un tentativo più complesso, non fosse che per una questione di scrittura, di organizzazione del programma. La tachicardia popolare si è pian piano assopita, a favore di un battito sì accelerato, ma maturo, conscio e purtroppo ancor più disilluso. Parlare di disillusione è molto più arduo che trattare di una rabbia impetuosa e  primordiale.

In termini qualitativi questo non potrà che giovare al prodotto. Vieni via con me non si può dire fosse di cattiva qualità, ma se ne notava il caos, la voglia di dire molto in poco tempo, si vedeva la Primavolta: bastava il coraggio di aver messo in piedi il progetto. Quello che (non) ho, al contrario, richiederà organizzazione, pensiero e criterio, oltre che personalità nel non temere il confronto. Staremo a vedere cosa ne verrà fuori e, indipendentemente da tutto, lo guarderemo.

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