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Paolo Bonolis e il suo libro “Perché parlavo da solo”: “È in tv che riesco ad essere così burlone”

Paolo Bonolis è uno dei personaggi più amati della televisione italiana. Il suo modo scherzoso di fare spettacolo è ormai radicato nell’immaginario del pubblico eppure il conduttore ha anche un lato che non è solito mostrare in tv, come racconta nel suo libro “Perché parlavo da solo”, un’autobiografia di cui parla in una lunga intervista a Tv Sorrisi e Canzoni.
A cura di Ilaria Costabile
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È uno tra i volti più amati della televisione, uno dei conduttori più riconoscibili e iconici degli ultimi vent'anni e adesso è anche l'autore di un libro. Il personaggio in questione è Paolo Bonolis. Il presentatore romano ha scritto la sua autobiografia e ne ha parlato in una lunga intervista al settimanale Tv Sorrisi e Canzoni.

L'infanzia romana

La vita di un uomo di spettacolo deve essere ricca di aneddoti da raccontare, che rievocano ricordi di personalità influenti nello show business, ma "Perché parlavo da solo", l'autobiografia scritta da Paolo Bonolis non è solo questo, bensì è il racconto profondo della vita di un volto noto della televisione, stemperato da un'ironia pungente e sarcastica. In una lunga intervista rilasciata in esclusiva al settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, il padrone di casa di Ciao Darwin ha dichiarato cosa c'è alla base di questo libro, quali momenti ha voluto ricordare, a partire dalla sua infanzia vissuta a Roma, con due genitori che non avevano nulla a che fare con la Capitale:

Papà è milanese, mamma Luciana è nata a Salerno, si sono conosciuti nei rifugi sotto il colonnato del Bernini in tempo di guerra, si riparavano lì. Io sono figlio delle bombe. Mamma lavorava come segretaria in un’impresa di costruzioni. Papà caricava il burro ai mercati generali. Era un animo profondamente romano. Solo ogni tanto al telefono con i parenti tradiva le sue origini milanese. Da loro ho imparato che non esiste “la” felicità, ma di volta in volta c’è la dose giusta di soddisfazione. Quando succede bisogna farci caso.

I lati nascosti di Bonolis

Il titolo che l'autore ha voluto dare al suo libro, "Perché parlavo da solo" ha una motivazione, che risiede nel fatto di aver utilizzato il parlare ad alta voce anche nei momenti intimi di riflessione, usando questo metodo quasi come terapia. Bonolis è un uomo che non nasconde le sue convinzioni maturate in anni di gavetta, un uomo pieno di contraddizioni, piuttosto cinico ma non a discapito del romanticismo. Eppure il conduttore mostra anche di essere un uomo pratico, che apprezza le persone veloci nel pensiero, come goliardicamente fa vedere anche in televisione dove esorta i partecipanti alle sue trasmissioni a "non cincischiare". Proprio riguardo al suo personaggio televisivo confida che il piccolo schermo è l'unico luogo in cui sviscera il suo lato burlone, che altrimenti non ostenta così facilmente:

Sì sono cinico. Cinismo è una parola trattata male, vista solo come negativa. Ma il cinismo è come il colesterolo, ce n’è uno buono e uno cattivo. Quello cattivo è aggressivo, inutilmente. Quello buono è difensivo, aiuta a sopravvivere alle delusioni. Io spero che i miei figli coltivino il cinismo buono, ma non vorrei mai che coltivassero la cattiveria fine a se stessa, mai. Però sono anche romantico, avere una visione romantica della vita rende le cose più saporite, più colorate. Poi il presentatore Bonolis che vedete in televisione, quello “caciarone”, è una maschera. Ma è l’unica che ho e che mi corrisponde, profondamente, alla perfezione. Se non lavorassi in tv, non sarei in grado di esprimere questo lato gioioso e burlone del mio carattere

Gli incontri memorabili della sua carriera

Dopo più di vent'anni di televisione ce ne sono stati di incontri interessanti di cui vale la pena parlare, come la prima volta in cui ha avuto a che fare con il grande Corrado, i battibecchi con Mike Bongiorno o l'incontro con Freddy Mercury che sembrava particolarmente interessato alla sua persona, come racconta sorridendo e ricordando quei momenti:

All’inizio “Tira & Molla” lo scriveva Corrado. Io gli dissi che bisognava pensare a una presentazione meno ortodossa per un “cavolo” di giochino come quello. Fui troppo brutale, ne seguì una discussione accesa. Ma poi lui mi disse di fare come mi pareva, per vedere chi avesse ragione. Il programma diventò un cult. E quando Corrado mi diede ragione fu un momento importante. Da Mike andai ospite in una puntata speciale de “La ruota della fortuna”. Fin dall’inizio, Mike sbagliò il mio cognome: continuava a chiamarmi “Bonomi”. Gli feci presente l’errore: “No Mike, Bonolis”. E lui: “Eh no, eh! Io qui c’ho scritto Bonomi!”. E io: “Sì, ma lo saprò come mi chiamo. Lo incontrai a 25 anni a una cena a Londra. Iniziammo a chiacchierare. Dopo un po’ capii che avrebbe voluto che andassimo da qualche altra parte… Io misi subito le cose in chiaro: “Freddie, adoro la sua musica, la trovo fantastico. Ma davvero: non è robba pe’ me”

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