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“Nel nome del popolo italiano”, chi era il capitano Natale De Grazia

Giovedì 7 settembre, Rai1 trasmetterà l’ultimo docu-film del ciclo ‘Nel nome del popolo italiano’. L’attore Lorenzo Richelmy racconterà il vissuto di Natale De Grazia. Il capitano indagava sulle navi dei veleni, utilizzate per inabissare rifiuti tossici radioattivi. Dopo aver mangiato in un ristorante in provincia di Salerno, De Grazia è morto improvvisamente. Si stava recando a La Spezia per fare il punto sulle indagini.
A cura di Daniela Seclì
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Giovedì 7 settembre, alle ore 23:35, Rai1 trasmetterà l'ultimo dei docu-film del ciclo ‘Nel nome del popolo italiano‘. L'attore Lorenzo Richelmy guiderà il pubblico nel racconto del vissuto del capitano Natale De Grazia.

Nato a Reggio Calabria nel 1956, i genitori lo chiamarono Natale perché venuto alla luce in prossimità delle feste. Il 18 dicembre per l'esattezza. 39 anni più tardi, proprio mentre si avvicinava quella ricorrenza tanto simbolica per lui, la vita di De Grazia si è spezzata. Era il 12 dicembre del 1995.

Le indagini di Natale De Grazia sulle navi dei veleni

Natale De Grazia era innamorato del mare e come si fa con tutto ciò che si ama, tentava di proteggerlo. Spesso esprimeva alla moglie Anna Maria, la sua preoccupazione: "Ma che mare stiamo lasciando ai nostri figli?".

Nel 1994 era stato trasferito al Compartimento Marittimo di Reggio Calabria – dove aveva già lavorato in precedenza – per indagare al fianco della Procura sul traffico di rifiuti tossici e radioattivi. Natale De Grazia si mise sulle tracce delle navi dei veleni, che venivano presumibilmente utilizzate per inabissare sostanze tossiche.

Il giallo del decesso improvviso di Natale De Grazia

"Lo vidi vivo, l’ultima volta, il giorno che partì per La Spezia. Mi disse di stare tranquilla. Ero in ansia. Lo vedevo preoccupato. L’indagine che stava svolgendo per la Procura di Reggio Calabria, lo teneva lontano da casa…Mi rassicurò. È la mia ultima missione, disse, ormai ho concluso il mio compito. Sarò a casa per il compleanno. Invece non è tornato mai più", con queste parole Anna Maria Vespia De Grazia – moglie del capitano e madre dei suoi due figli Giovanni e Roberto – ha ricordato in un'intervista rilasciata nel 2014 a ‘Il Secolo XIX', l'ultima volta in cui vide il marito.

Il capitano, scortato da due carabinieri, era partito per La Spezia dove – secondo quanto riportato da un'inchiesta di Repubblica – avrebbe dovuto incontrare delle fonti, oltre a fare il punto sulle indagini da lui condotte. Purtroppo, però, non è mai arrivato a destinazione. Poco dopo essersi fermato a mangiare in un ristorante di Campagna, in provincia di Salerno, è deceduto sulla Salerno-Reggio Calabria nel comune di Nocera Inferiore.

La perizia sulla morte di Natale De Grazia

Le prime due perizie mediche fatte sul corpo di Natale De Grazia subito dopo il decesso parlarono di "arresto cardio-circolatorio" e dunque di "morte naturale". L'esito, però, non riuscì a convincere le tante persone che reputavano strana la morte improvvisa del capitano. Nel 2012, la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti fece svolgere un nuovo esame autoptico, che diede un responso diverso. Il malore che portò alla morte di De Grazia venne ricondotto a una causa tossica. Nel documento, pubblicato da ‘L'espresso', si legge:

"Risulta difficile avvalorare l'ipotesi di una morte cardiaca da ischemia miocardica su base aterosclerotica senza manifestazioni anginose, senza dolore che si sarebbe dovuto manifestare specie in quel momento in cui il Capitano De Grazia è stato scosso ed ha avuto un momento di reazione seppure, come è stato riferito, in una specie di dormiveglia. Piuttosto, se si volesse proporre una ipotesi di causa di morte diversa da quella sopradetta, sembrerebbe più trattarsi di morte cardiaca secondaria a insufficienza respiratoria da depressione del sistema nervoso centrale, come suggestivamente depone il quadro di edema polmonare così massivo, incompatibile quasi con un arresto cardiaco improvviso del tutto asintomatico; come suggestivamente depongono le manifestazioni sintomatologiche riferite da chi ha potuto osservare il sonno precoce, il russare rumoroso, quasi un brontolo, la risposta allo stimolo come in dormiveglia, il vomito; tutte manifestazioni queste che, anche se non patognomoniche, ben si accordano con una progressiva depressione delle funzioni del sistema nervoso centrale. Quest'ultima, in carenza di incidenti cerebrovascolari, esclusi dall'autopsia, può riconoscere solo la causa tossica. Quale essa potrà essere stata, e se c'è stata, non lo si potrà più accertare".

Quest'ultima perizia ha avvalorato l'ipotesi dell'avvelenamento, radicando in molti la convinzione che il capitano De Grazia sia stato ucciso.

Il ricordo della moglie Anna Maria Vespia De Grazia

Nell'intervista rilasciata a "Il Secolo XIX', Anna Maria Vespia De Grazia ha ricordato il marito con parole di profondo affetto:

"Era innamorato del mare. Adorava i giovani. Era altruista, intelligente, e quando si metteva in testa di fare qualcosa, andava fino in fondo. Non c’era niente da fare, non cambiava idea. Natale è uno che ci ha provato, a non chiudere gli occhi, e ha pagato. Perciò oggi noi non dobbiamo chiuderli, né socchiuderli, gli occhi, ma spalancarli. Lui non c’è più, ma il problema del mare, è rimasto. Ed è di tutti noi".

Natale De Grazia raccontato da Lorenzo Richelmy

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Nel docu-film del ciclo ‘Nel nome del popolo italiano' sarà Lorenzo Richelmy a narrare le vicende che hanno condotto alla morte del capitano Natale De Grazia. L'attore sarà affiancato da tantissimi ospiti tra cui Nuccio Barillà, Responsabile Legambiente Calabria, Alessandro Bratti, Presidente della Commissione Bicamerale sul traffico illecito dei rifiuti, Francesco Neri, all’epoca sostituto procuratore e pm di Reggio Calabria, Antonino Samiani, Comandante della Capitaneria di Porto di Messina fino al 2015 e Riccardo Bocca, autore del libro “Le navi della vergogna”. Interverranno anche la vedova Anna Maria Vespia e i figli Giovanni e Roberto. Lorenzo Richelmy ha raccontato come ha affrontato l'importante compito di ripercorrere il vissuto del capitano che nel 2004 ha ricevuto dall'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la medaglia d'oro al merito di marina alla memoria:

“La vicenda mi riguardava, essendo la mia famiglia originaria di Locri. Non conoscevo bene la storia di De Grazia: mi sono appassionato, mi premeva il fatto che bisogna capire cosa rimane ai ragazzi della mia generazione.  Negli ultimi anni, di mafia si parla nelle fiction, però secondo me non abbiamo ancora capito che tipo di messaggio si vuole mandare con questo genere di prodotti: è importante allora mandare un messaggio mirato alla conservazione della memoria. Ciò che mi intimorisce, è che i ragazzi della mia generazione vedono queste tematiche come lontane, come se non li riguardasse: è importante tenere il fuoco attivo”.

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