Michele Bravi e “le parole che contano quanto le intenzioni”, così risponde a Pio e Amedeo
Non c’è solo Fedez e la battaglia ingaggiata contro la Rai che aveva accusato di averlo censurato tra i temi esplosi con il concerto del Primo Maggio. A farsi portavoce di un’opinione coraggiosa, ancor più personale della precedente, è Michele Bravi che ha utilizzato il palco nazionale della festa dedicata ai lavoratori per sedersi dall’altra parte della barricata rispetto al monologo di Pio e Amedeo circa l’uso delle parole “bandite”, andato in scena durante l’ultima puntata di Felicissima Sera, uno sketch che ha provocato un terremoto social, spaccando a metà il pubblico. Nella metà che non sostiene le intenzioni del duo comico si piazza il cantautore che, dall’alto della sua esperienza personale, racconta il delicato percorso verso l’accettazione, un percorso che non può e non deve farsi carico anche della leggerezza (nel migliore dei casi) e della mancanza di sensibilità altrui.
Che cosa ha detto Michele Bravi sul palco del concerto del Primo Maggio
“È bello essere qua a celebrare e onorare i lavoratori, quelli dello spettacolo oggi più che mai. Volevo fare una piccola riflessione.In questi giorni si è parlato tantissimo dell’uso delle parole e qualcuno ha anche detto che l’intenzione è molto più importante delle parole che si usano”, ha premesso Bravi, facendo chiaramente riferimento al monologo di Pio e Amedeo, “Una cosa da cantautore la voglio dire. Uso le parole proprio per raccontare la visione creativa del mondo e per me le parole sono importanti tanto quanto l’intenzione. Le parole scrivono la storia. Anche quelle più leggere possono avere un peso da sostenere enorme. Ci ho messo tanti anni a trovare le parole giuste per raccontare il mio amore per un ragazzo e per me è un onore farlo adesso qua, su questo palco. Grazie a voi di avere ancora voglia di ascoltare gli artisti, di dare il giusto peso alle parole”.
Che cosa avevano detto Pio e Amedeo
“Ci vogliono far credere che la civiltà sia nelle parole. Ma è tutto qua, nella testa”: si potrebbe anche riassumere così il senso dell’intervento di Pio e Amedeo durante Felicissima Sera. Una sorta di ‘liberi tutti’ perché, in fondo, è l’intenzione che conta. L’intenzione disinnesca la potenza di un termine, anche quello più violento. “Se vi chiama ricchione, voi ridetegli in faccia”. Al problema, la soluzione. Centrale è l’autoironia di chi diventa bersaglio, quello è l’atteggiamento motore del cambiamento. Non il contrario, incredibilmente.