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Mare Fuori, Massimiliano Caiazzo: “Un’alternativa alla criminalità c’è, bisogna scavarsi dentro”

Massimiliano Caiazzo è Carmine Di Salvo in Mare Fuori, la fiction di Rai2 alla sua seconda stagione. Si è raccontato a Fanpage.it parlando del suo personaggio e del suo percorso da giovane attore.
A cura di Ilaria Costabile
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Massimiliano Caiazzo ha 25 anni ed è uno dei protagonisti di "Mare Fuori", la fiction di Rai2 tornata con una seconda stagione, dopo il grande successo delle prime puntate, in onda a settembre dello scorso anno. Il suo personaggio è quello di Carmine Di Salvo, erede di una famiglia leader nella criminalità organizzata. Un ragazzo che vive un conflitto interiore e che, combattendo contro un destino già scritto cerca di costruirsene uno con le proprie mani. A Fanpage.it il giovane e talentuoso attore campano ha raccontato cosa ha significato per lui immergersi nell'interpretazione di un personaggio così sfaccettato, rivelando come il confrontarsi con certe realtà, purtroppo così vicine alla fiction, sia stato un vero e proprio insegnamento. Ricordandoci, infine, come l'arte e la recitazione possano essere uno strumento per esercitare un valore che, spesso, tendiamo a sottovalutare: la capacità di essere empatici.

Il tuo personaggio, Carmine, è quello che dà inizio all'interno racconto e attorno al quale si snodano le vicine della seconda stagione. Come è cambiato in quest'arco di tempo?

Mi è capitato un personaggio che non è affatto monocorde e ho avuto la possibilità di raccontarlo attraverso tanti cambiamenti. Carmine ha dei principi ben precisi, che vengono messi in discussione ragion per cui è stato interessante scoprire cosa succede umanamente parlando al suo modo di muoversi tra le relazioni e gli ambiti che costruiscono la sua vita. Già nella seconda puntata si vede come il personaggio inizia a cambiare, seppur in maniera graduale.

Quello che accade con Nina e che chiude la prima puntata, quanto incide su questo cambiamento?

Incide in maniera totalizzate, potremmo dire che è la goccia che fa traboccare il vaso, è come se crollassero tutte le sue convinzioni e crolla anche l’unica cosa che lo teneva in piedi e gli dava speranza.

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Nella prima puntata c'è una scena molto forte in cui Carmine incontra sua madre e le comunica di non voler più far parte della famiglia Di Salvo. Quanta sofferenza si nasconde in questa scelta?

Carmine è pur sempre un ragazzo di 17-18 anni, una fascia d'età in cui i genitori rappresentano ancora dei punti di riferimento, sebbene non smettano mai di esserlo, quindi si tratta di una scelta sofferta. Dire alla propria madre "addio" perché il suo stile di vita non corrisponde a quello che avrebbe voluto per sé, comporta il dover affrontare una colpevolezza, seppur non reale e tangibile, perché è pur sempre difficile rinnegare un genitore.

Lui instaura un rapporto speciale con il comandante Valenti. Lo si può leggere come il rapporto di due che si riconoscono simili o una sorta di legame padre-figlio?

Penso entrambe le cose, in un rapporto metaforico come in questo caso, tra padre e figlio, si riconosce sempre una parte di sé nell'altro. Carmine nel comandante (Carmine Recano ndr.) riconosce quello che vorrebbe diventare, nonostante ci sia una certa sfiducia di fondo. Ha la forza di rinnegare la sua famiglia, ma è comunque un ragazzo figlio di certe realtà dove per la maggior parte dei casi le autorità, come la polizia, non sono viste di buon occhio o sono quasi assenti. Quel riconoscersi permette di superare questo tipo di pregiudizio, ci sono tutte le premesse per costruire un rapporto sincero che va avanti attraverso lo scontro e l'incontro di punti di vista diversi.

Carmine Recano alias il comandante Massimo Valenti
Carmine Recano alias il comandante Massimo Valenti

Come è stato da attore campano interpretare un ruolo così addentro alle problematiche di una città come Napoli: dalla delinquenza giovanile, alla criminalità organizzata che per molti rappresenta la strada obbligata, se non la più facile.

È stato complicato e catartico. Mi sono trovato di fronte ad una vera e propria guerra, in cui uno dei principi regnanti potrebbe essere quello che vige nella giungla: uccidere o essere ucciso. Interfacciarsi con questa realtà, porta a chiedere quanto può essere difficile conviverci ogni giorno. La catarsi qui si manifesta nel momento in cui ti rendi conto che la storia che raccontiamo è quella di un'alternativa a questo tipo di vita.

Quindi il messaggio che porta Mare Fuori potrebbe essere questo: c'è un mondo diverso da quello che altri hanno scelto per voi, giusto?

Esatto. Una serie del genere dovrebbe far riflettere e chiedersi: cos’è che mi tiene in piedi, cos’è che mi fa combattere tutti i giorni per avere una vita diversa, che cos’è che mi ispira? Ed è sicuramente l’amore, ma intenso in un senso più ampio di quello che siamo soliti utilizzare. Bisogna cercare un qualcosa che ti faccia innamorare tutti i giorni.

E cos'è che ti fa innamorare tutti i giorni?

Le piccolissime cose. Pensare ai sacrifici che ha fatto mio padre per raggiungere la posizione che ha oggi partendo dal nulla, penso a me quattro anni fa totalmente perso in questo nuovo mondo. Quelle attenzioni che mi fanno dire c’è speranza. Sacrificarsi, impegnarsi per qualcosa in cui si crede ti porta sempre ad andare avanti e tendere al meglio.

Guardando la fiction a volte si ha l'impressione che questi ragazzi è difficile possano davvero cambiare. Sei d'accordo?

No, io penso che c’è sempre un’alternativa. Il talento, la bravura è nelle scelte. Per me è stato difficile interfacciarmi con certe tipologie di educazione per interpretare Carmine, però quello che il mio personaggio mi ha restituito è che a furia di sbattere contro un muro prima o poi questo muro trovi il modo di abbatterlo.

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Cosa hai portato di Massimiliano Caiazzo in Carmine Di Salvo e viceversa?

La tenacia nel perseguire degli obiettivi. Interpretando personaggi che hanno un vissuto diverso dal tuo ti rendi conto di tante cose. Ho capito davvero quanto fossi fortunato, perché ho una vita piena, e magari non me ne rendevo conto tra gli impegni, le aspettative. Fare questo lavoro mi ha permesso di dare valore a tutto: ti rendi conto che il sorriso di tua madre è una cosa bellissima, o che quando la tua ragazza ti dice "non preoccuparti, vai avanti che puoi farcela", è perché ci crede davvero. Ed è una cosa rarissima.

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Mare Fuori è una delle serie più interessanti anche perché ha un cast di giovani e talentuosi attori emergenti. In quali difficoltà si è imbattuta la vostra generazione di artisti, o quali agevolazioni ha avuto, rispetto a quelle precedenti?

Siamo una generazione molto fortunata rispetto a quella precedente. Grazie alle piattaforme e ad un certo tipo di cinema che si sta facendo sempre più spazio, vuoi anche per il coraggio di alcuni produttori che investono in certi progetti e ci danno fiducia, siamo sicuramente più agevolati. Però c'è molta più competizione e chi vuole davvero fare questo mestiere non può essere impreparato. Sicuramente alla mia generazione piace studiare, impegnarsi, primeggiare. L'aspetto ludico di questo lavoro sta proprio nella preparazione, in quel famoso processo creativo attraverso il quale ti scopri e scopri il personaggio con il suo mondo.

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Piefrancesco Favino ha chiesto che il cinema sia insegnato nelle scuole. La sua proposta è stata accolta e adesso è in atto un dialogo con il Ministero dell'Istruzione. Cosa pensi di questa iniziativa?

Magari al mio liceo ci fosse stata una materia come storia del cinema (ride ndr), è un'ulteriore alternativa per un ragazzo, che prima doveva coltivare questo interesse per sé. Per quanto riguarda il mestiere dell'attore, poi, aiuta ad esercitare l'empatia, che oggi è un'attitudine un po' arrugginita. Che la scuola fornisca gli strumenti in quest'ambito è importante perché esercita ad un ascolto più sottile, che aiuta a mettersi nei panni di qualcun altro senza giudizio. Nutre un’intelligenza che in primis è emotiva, in secondo luogo sociale.

Uno dei tuoi primi maestri è stato un grande attore di teatro e di cinema Gianfelice Imparato. Qual è stato il suo più grande insegnamento?

Proprio quello dell’ascolto. Io sono arrivato alla scuola di Gianfelice senza avere la minima idea di cosa si potesse fare in una scuola di recitazione. Una delle prime cose che mi ha detto è stata "bisogna ascoltarsi e ascoltare". Capita difficilmente che nella vita di tutti i giorni ci si conceda totalmente all'ascolto, quando succede ci meravigliamo, pensiamo di stare in una bolla.

Tu hai iniziato giovanissimo a recitare, una passione che viene dall'infanzia o sbaglio?

Da piccolino ero un terremoto, la notte facevo gli incubi e mia madre un giorno mi disse "vai a studiare recitazione così decidi tu cosa sognare", ricordo perfettamente questa frase. Entrai in una scuola che non era quella di Gianfelice e sono fuggito, perché mi trovai di fronte persone che parlavano con una dizione fintissima, non rispecchiava affatto quel gioco che facevo nella mia cameretta. Poi ho trovato la strada giusta.

Tornando a Mare Fuori, credi che una serie del genere, avrebbe potuto attirare più persone sulle piattaforme streaming, piuttosto che sulla tv nazionale?

La rete nazionale si sta aprendo a nuovi temi meno bigotti, questo significa andare più in profondità e rendersi conto che i tempi cambiano. Vuol dire chiedersi "ma lo spettatore di cosa ha voglia?". Mare Fuori sarebbe una serie che sulle piattaforme potrebbe avere successo, non tanto per i temi che tratta, ma per come li tratta. Il fatto che si parli di ragazzi chiusi in un penitenziario potrebbe essere limitante, però il modo in cui questo tema viene affrontato potrebbe riguardare tutti. Certi personaggi, infatti, sono amati da spettatori appartenenti a diverse fasce d’età, perché certi temi, certe ferite emotive, affascinano e toccano tante persone diverse.

Ti saresti mai aspettato tutto il successo avuto da questa serie? 

No, non me l'aspettavo, ma per il semplice fatto che per molti di noi era la prima esperienza, per altri no. Tanto è vero che quando me ne sono reso conto nel concreto, quindi non attraverso i social vedendo i follower aumentare, ma proprio per strada quando la gente dice ti chiama e dice “Carmine”, non ci credevo, mi chiedevo cosa fosse successo.

Carmine è un personaggio incredibile, ma progetti futuri ce ne sono?

Sto lavorando ad un film indipendente per il cinema. Si tratta dell’opera prima di Nicola Prosatore, un progetto molto interessante e dove interpreto un personaggio totalmente diverso da quelli che ho fatto fino adesso, ed è davvero figo. Poi vediamo cosa succede.

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