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Mare Fuori, Massimiliano Caiazzo: “Carmine rinnega la famiglia camorrista, fuori ha trovato la vita”

Parla uno dei protagonisti della serie in onda su Rai2 ambientata in un carcere minorile di Napoli. L’attore, che interpreta il ruolo di Carmine di Salvo, racconta a Fanpage.it l’intento di una serie che sfida la retorica della Napoli malavitosa: “Non ci sono buoni o cattivi, raccontiamo le vite di esseri umani che si trovano catapultati nelle conseguenze di errori commessi”.
A cura di Andrea Parrella
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Napoli è sempre più al centro dell'immaginario seriale italiano. La nuova stagione Rai conta tra le novità Mare Fuori, serie diretta da Carmine Elia, in onda su Rai2 dal 23 settembre, che racconta le vicende di alcuni ragazzi rinchiusi in un carcere minorile di Napoli. Tra i protagonisti della serie corale c'è il giovanissimo Massimiliano Caiazzo nel ruolo di Carmine di Salvo, ragazzo di una famiglia malavitosa che ripudia scegliendo una vita normale e un lavoro onesto, prima di trovarsi incastrato nelle vie tracciate dal destino quando uccide un ragazzo per difendere la sua fidanzata da una violenza, finendo nel carcere minorile teatro della serie, ispirato a quello che realmente esiste sull'isola di Nisida.

Di te si sa ancora molto poco, ci racconti chi è Massimiliano Caiazzo e come si è imbattuto nella recitazione?

Ho 24 anni e sono di Castellammare di Stabia. Recito da quando sono piccolo, lo facevo nei ritagli di tempo, in strada, quando il canottaggio mi lasciava libero. Ho iniziato a studiare in modo serio recitazione nella scuola di Gianfelice Imparato, per sei mesi, durante il quinto anno di liceo. Mi si spalanca davanti un mondo che nemmeno immaginavo. Da lì decido di frequentare una scuola di recitazione a Roma, prima come pendolare, per poi iniziare a lavorare come bidello in una scuola, cosa che mi ha permesso di pagarmi i corsi e stare stabilmente a Roma, dove mi sono iscritto anche all'università, prima in Scienze Politiche e poi al DAMS.

E quindi arrivano anche le prime esperienze sul set.

Sì, la prima è stata con la fiction Furore 2, poi anche piccoli ruoli in spot pubblicitari. Nel frattempo ho scritto il mio primo spettacolo teatrale, Diario di un bambino cresciuto, che sono riuscito anche a portare in scena. L'esperienza con Mare Fuori arriva dopo circa due anni, sette provini che mi hanno permesso di essere preso per il ruolo di Carmine. 

Nella prima scena in cui vediamo Carmine in Mare Fuori ci troviamo davanti a una realtà capovolta: suo fratello lo accusa dei soldi guadagnati con un lavoro onesto come se si trattasse di soldi sporchi. Come ti sei calato in questo contesto?

Mi sono approcciato al mio personaggio evitando a tutti i costi di giudicarlo. Mi sono interrogato molto sul perché faccia certe scelte, perché decida di ripudiare la sua famiglia malavitosa. Le motivazioni le ho trovate in un rifiuto suo del contesto in cui è cresciuto, degli esempi negativi che ha subito. Tante volte certi esempi sembrano giusti perché sono gli unici che abbiamo. Nel momento in cui Carmine è uscito fuori e ha visto che nella vita c'è anche altro, è avvenuto in lui questo cambiamento.

Secondo te cosa lo spinge a mettersi contro la sua famiglia e l'intero sistema di valori che la caratterizza?

Bisogna immaginare la realtà di un ragazzo che cresce in una famiglia di camorra ma è completamente estraneo a quel modo di pensare. Sviluppa una sensibilità particolare, prova a fare il parrucchiere, si innamora di questa ragazza con cui lavora in modo assolutamente candido e disinteressato. Tutte cose per le quali viene giudicato e deriso dai suoi simili e che lo portano a prendere completamente distanze. 

Sei campano, un territorio in cui molti ragazzi rischiano di confondere la buona e la cattiva strada. Ti è capitato, durante la tua crescita, di conoscerne?

Diversi cari amici d'infanzia erano nati in contesti difficili. C'è stato chi ha fatto scelte diverse e chi ci è rimasto e con questi ho avuto la possibilità di parlare perché potevo farlo, perché sapevano che non li guardavo con pregiudizio. La risposta è sempre stata: la fame. Io ho la fortuna di venire da una famiglia che non mi ha mai fatto mancare nulla e sentire dei tuoi coetanei che parlano della difficoltà di mettere il piatto a tavola ogni giorno ti segna. In questo senso, nell'interpretare il ruolo di Carmine ho avvertito anche una certa responsabilità.

Sembra che Napoli, negli ultimi anni al centro di tantissimi progetti seriali e cinematografici, sia condannata ad essere raccontata prevalentemente tramite il filtro della camorra e del disagio sociale. Da attore campano vivi questa percezione?

Al di là della percezione di attore, secondo me il vero crimine sarebbe non affrontare certe tematiche. Sono realtà che esistono, non possiamo ignorarle e fingere di non vedere nulla. Con Mare Fuori non raccontiamo Gomorra e nemmeno le sue conseguenze, noi siamo proiettati in un contesto in cui facciamo vedere tutto ciò che c'è dietro. E penso anche che ci siano stati negli ultimi anni dei racconti inseriti nel nostro contesto che sono andati oltre quell'immaginario retorico, penso a film come Un giorno all'improvviso, o Napoli Velata. 

Mare Fuori però si muove in un territorio ai confini con la retorica della Napoli malavitosa. Come riesce a non caderci dentro?

Per eludere la retorica lo spettatore dovrebbe provare a staccarsi un attimo da quel giudizio che porta a cercare i buoni e i cattivi. Questa serie secondo me incide perché ha l'intento di non fare questa separazione, ci sono essere umani che si trovano catapultati nelle conseguenze di errori commessi, scelte fatte. Cosa succede ai sogni, alle passioni, agli interessi, il modo di interagire con gli altri di un ragazzo che si trova in un carcere minorile? Ecco, secondo me se lo spettatore adotta questo approccio, il pregiudizio si sgretola e si inizia ad esercitare l'empatia.

In definitiva mi dici secondo te quale sia il messaggio che Mare Fuori punta a dare al pubblico?

In un contesto di serie corale i messaggi sono inevitabilmente tanti. Penso che tutto in generale sia riconducibile all'assunzione di responsabilità, che tu sia un ragazzo o un adulto. Mi rifaccio alle parole che mi disse il regista all'ultimo provino: il ruolo delle autorità è davvero importante, perché sono un punto di riferimento per le nuove generazioni e, nel momento in cui questo ruolo viene a mancare, c'è sempre qualcosa che va a rimpiazzarlo. 

Autorità intesa in vari sensi, aggiungerei, quella genitoriale e quella delle forze dell'ordine.

La serie supporta molto l'idea di un rapporto sincero con l'autorità, quando questo avviene c'è maggiore facilità nel fare delle scelte e, secondo me, meno possibilità di sbagliare.

La serie va in onda ogni mercoledì su Rai2. Ma tu, da 24enne, guardi Rai2?

Devo essere sincero, non guardo molto spesso Rai2. Ma va detto che non guardo molta televisione così come non guardo molte serie. Più che altro per una questione di tempo, non perché non voglia. Ho una quantità di titoli inimmaginabile da dover recuperare. 

Mi pare tu abbia un approccio sofisticato alla professione che svolgi. Cosa ti interessa di più dell'essere attore?

La cosa che mi interessa di più è sicuramente quella di entrare dentro a realtà estranee alla mia, fare esperienze che mi permettano di prendere maggiore consapevolezza di chi sono. Farlo è una sfida con se stessi perché interpretare qualcuno che non sei ti obbliga a conoscere meglio chi sei. 

Ti senti più a tuo agio sul palco teatrale, oppure sul set?

Obiettivamente è ancora troppo presto per dirlo. A teatro ho lavorato poco, peraltro con uno spettacolo scritto e diretto da me che quindi mi ha permesso di giocare in casa. Mi è piaciuto molto, l'ho trovata un'esperienza catartica al pari di quella che mi ha portato a incontrare il personaggio di Carmine Di Salvo. Per il momento non mi sbilancio e non mi precludo nulla. Auguro a me stesso di incontrare tanti personaggi che mi stimolino dal punto di vista umano. 

Il tuo nome è idealmente inserito in una lista di talenti emergenti della scena campana. A parte la tua nota passione per Marlon Brando, quali sono i tuoi riferimenti, anche al di fuori della regione?

Luca Marinelli ed Elio Germano, perché li trovo attori di una umanità impressionante. Quando li guardi non hai mai la sensazione di vedere un carattere, ma sempre un essere umano con una certa fissità. 

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