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Lunga vita a Maccio Capatonda e a “Mario”

La nuova serie Mario, andata in onda ieri sera su Mtv, conferma che Maccio Capatonda non sia solo uno di passaggio. La sua ironia sottilissima gli concede di raccontare una storia mentre lo spettatore pensa di non vedere altro che un susseguirsi di gag.
A cura di Andrea Parrella
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Intendiamoci, di personaggi come Maccio Capatonda ne vengono fuori di rado. La percezione è netta e prescinde dalla visione di Mario, la nuova serie andata in onda per la prima volta, ieri sera, su Mtv. Il comico di Vasto, nato prima in Tv, che ha poi acquisito un' successo enorme via web, ha legittimato il ritorno sul piccolo schermo quasi come fosse un debutto. La gente ha  scordato che è da lì abbia cominciato. In un'intervista a La Gazzetta dello sport ha detto che starebbe pensando ad un film.

Molti potrebbero pensare che la struttura similare dei suoi trailer rischi di essere stantia se reiterata in una serie, un prodotto di dimensioni più ampie. Per la verità, a guardare i primi due episodi della serie di Mtv si è capito che i presupposti esistono eccome, vista l'abilità del comico a saper escogitare una sottotrama celata sotto le gag  classiche proposte dalle balorde macchiette di Capatonda e i suoi sodali. Per il resto, oltre ad una scrittura apparentemente inesistente, ruolo fondamentale lo svolge l'ironia sottilissima di fondo che rende credibili quelle stesse gag, apparentemente ridondanti e già viste. I personaggi estremi di Capatonda sono geniali perché dotati di un umorismo che non è solo grottesco e scontato, ma si lancia anche in un'analisi che è sociologica, tanta è la raffinatezza. E inoltre la sfumatura popolare gli conferisce una capacità comunicativa enorme.

Il tutto si potrebbe racchiudere nell'aggettivo "geniale", dirlo non sarebbe così assurdo e lo si farebbe citando, su tutti, uno dei personaggi della serie, il padre putativo dell'anchorman di questo Tg che non appare mai perché misteriosamente scomparso: Buonanima. Certo, è vero, non si sono viste che le prime due puntate, ma la sensazione è che questo prodotto non potrà che crescere, rischiando di assumere, nel tempo, una conformazione che riesca ad andare oltre la struttura esclusivamente dissacrante e costringere lo spettatore ad attaccarsi alla narrazione, oltre che al solo susseguirsi di sketch. Per il momento, lunga vita a Maccio Capatonda e ai suoi.

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