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Lamberto Sposini contro la Rai, chiesti 10 milioni di euro per il ritardo nei soccorsi

La famiglia del conduttore, vittima di un malore in studio nel 2011, continua la battaglia legale contro l’azienda contestando un’errata procedura nella richiesta dei soccorsi che avrebbe pesato sulla riuscita dell’intervento. Nel febbraio 2015 il Tribunale del Lavoro di Roma aveva respinto la richiesta milionaria.
A cura di Andrea Parrella
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Il 27 febbraio scorso un Tribunale del Lavoro di Roma aveva respinto l'istanza di risarcimento chiesta da Lamberto Sposini alla Rai, relativa ai presunti ritardi nei soccorsi quando l'allora conduttore de "La Vita in Diretta", nell'aprile 2011, veniva colpito da un ictus che ha di fatto compromesso la sua carriera lavorativa obbligandolo ad un lungo e faticoso percorso di riabilitazione negli ultimi anni. Come i legali di Sposini avevano fatto intuire, il conduttore avrebbe fatto ricorso in appello e, puntualmente, nelle ultime ore arriva la conferma che la battaglia legale continuerà almeno fino a metà 2016, esattamente il 5 luglio, quando stando a quanto riporta il Corriere della Sera la causa sarà discussa dalla sezione Lavoro e previdenza della Corte d’appello capitolina. La richiesta della famiglia del conduttore è di 10 milioni di euro.

Le contestazioni mosse dalla famiglia Sposini alla Rai sono chiare e risultano essere lo snodo attorno al quale gira l'intera vicenda, ovvero una disorganizzazione da parte degli addetti ai lavori dell'azienda nel chiamare i soccorsi, probabilmente per l'assenza di una precisa procedura ed anche un'errata valutazione da parte dei medici interni alla Rai in merito al malore di Sposini. Significative furono le parole Daniele Toaff, responsabile editoriale de La Vita in Diretta, il quale descrisse con queste parole l'accaduto: "Con Lamberto e Mara Venier, l'altra conduttrice della Vita in diretta, stavo parlando dello speciale che doveva partire alle 14.10. All'improvviso ha come una scossa, si allontana; poi sento Mara che grida. Mi giro e vedo Lamberto a terra: rantola. Penso a un infarto, esco dalle scale antincendio e corro all'ambulatorio interno. Trovo l'infermiera, le dico di cercare subito il dottore, c'è un'urgenza. I medici dell'azienda giunsero un quarto d'ora dopo".

Tuttavia la Rai si è sempre difesa attribuendo la responsabilità di un tardo intervento alle strutture ospedaliere prontamente chiamate al momento del malore. Nelle motivazione del provvedimento che ha di fatto dato ragione alla Rai qualche mese fa si legge: "La lamentata mancanza di tempestività è ascrivibile ai tempi attesi per l’arrivo dell’ambulanza nonostante le ripetute telefonate al 118: è evidente che in ordine a tale disfunzione del servizio del 118 (che ha inviato un’ambulanza che si trovava distante dagli studi di via Teulada) alcuna responsabilità può essere iscritta al datore di lavoro". Si continua leggendo che la Rai non poteva neanche essere ritenuta "responsabile della fase successiva alla presa in carico del paziente in quanto la decisione in ordine al Pronto Soccorso presso il quale trasportare il paziente stesso deve tener conto di una serie di variabili gestite dalle Centrali Operative del 118". 

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