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La famiglia Sposini in causa con la Rai: il ritardo nei soccorsi fu determinante?

Si apre una vicenda legale nel merito dei presunti soccorsi inefficaci da parte della Rai che avrebbero comportato ritardi con effetti irreversibili sulle condizioni di salute di Sposini. L’azienda si difende, ecco come andarono le cose.
A cura di A. P.
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L'ictus che nell'aprile del 2011 colpì Lamberto Sposini, allora conduttore de "La Vita in diretta" con Mara Venier, difficilmente permetterà al conduttore giornalista di tornare alle sue condizioni fisiche di un tempo. Quel giorno la coppia doveva condurre la maratona in diretta del matrimonio di William e Kate, quando il conduttore d'improvviso si accasciò per terra rantolando. Da quel momento, era il primo pomeriggio, precisamente le 14.05, i soccorsi impiegarono circa 40 minuti a giungere negli studi di via Teulada, così come un dettagliato articolo di Panorama riportato da Dagospia afferma. Sposini viene dunque portato all'ospedale Santo Spirito, dove, a fronte di un danno neurologico, si riscontra che il relativo reparto era però chiuso dal 2010. Dunque il conduttore, che dovrà sottoporsi ad un intervento essendo in corso un'emorragia cerebrale, viene portato al Policlinico Gemelli di Roma. Intervento della durata di tre ore, Sposini si salva, ma le sue condizioni paiono definitivamente compromesse.

Il giudice del lavoro di Roma sarà chiamato a rispondere ad alcune domande attinenti i possibili ritardi che si siano potuti registrare nella fase di soccorso al conduttore, rallentamenti che avrebbero potuto provocare conseguenze inesorabili alle condizioni fisiche di Sposini. Ci si chiede se i soccorsi siano stati gestiti in modo corretto e se il malore non sia stato inizialmente battezzato come leggero, meno grave di quanto fosse. In questo senso, a dare una testimonianza piuttosto significativa è l'allora vicedirettore Daniele Toaff, presente in studio poco prima che cominciasse la diretta. Ecco il suo racconto:

Con Lamberto e Mara Venier, l'altra conduttrice della Vita in diretta, stavo parlando dello speciale che doveva partire alle 14.10. All'improvviso ha come una scossa, si allontana; poi sento Mara che grida. Mi giro e vedo Lamberto a terra: rantola. Penso a un infarto, esco dalle scale antincendio e corro all'ambulatorio interno. Trovo l'infermiera, le dico di cercare subito il dottore, c'è un'urgenza. I medici dell'azienda giunsero un quarto d'ora dopo.

Affermazione quest'ultima ampiamente smentita dalla Rai, che invece parla di soccorsi giunti istantaneamente. Ad alimentare i sospetti è anche l'arrivo di un medico senza camice (che solo dopo si è saputo fosse un odontoiatra) e soprattutto la definizione del malore in un primo momento: l'operatore del 118 contattato da un figurante del programma lo definisce codice giallo, non grave, dunque un semplice malore. Ma il calvario pare iniziare solo adesso e, oltre ad un probabile disservizio interno all'azienda, deve far fronte anche al congestionato traffico cittadino, visto che la città quel giorno è invasa dai pellegrini giunti per la benedizione di Giovanni Paolo II: ambulanze tutte presso il Vaticano. Alle ore 14,32, a 27 minuti dal malore, il dottore in studio segnala al 118 un possibile infarto e, in attesa che l'ambulanza arrivi i centralini di polizia e carabinieri vengono tempestati di chiamate dagli amici di Sposini.

L'ambulanza arriva finalmente a via Teulada, sottolineando di essersi attardata perché priva di una barella (utilizzata come letto), Sposini è trasportato prima nella struttura più vicina, dove riscontrato il problema neurologico  si opta per il trasporto inevitabile al Gemelli. Complessivamente passano più di quaranta minuti prima che Sposini potesse essere sottoposto all'intervento che gli salva la vita. L'accusa che i legali della famiglia Sposini portano avanti è che il conduttore non sia stato trattato come un dipendente dall'azienda, che per lui insomma non sia stato rispettato il protocollo, il dovere del datore di lavoro di garantire al lavoratore soccorso e assistenza tempestivi, nonostante lui non fosse dipendente a livello contrattuale. Ma a metterlo sullo stesso piano di un dipendente era il rapporto continuativo che proseguiva da tempo.

La Rai a sua volta si difende negando l'esistenza delle condizioni perché Sposini potesse essere ritenuto un dipendente e ad ogni modo assicura di essersi comportata come avrebbe dovuto, aggiungendo inoltre che in incidenti come quello di Sposini è sconsigliato l'intervento chirurgico prima di quattro ore, cosa nei confronti della quale sono contrari i legali dello stesso Sposini ed anche il neurochirurgo che l'ha operato. Sotto accusa, al momento, ci sono i due medici del primo soccorso a via Teulada, il coordinatore del servizio sanitario della Rai e la stessa Rai. La trafila giudiziaria sembra viaggiare su un binario parallelo ma differente rispetto alle condizioni di Lamberto Sposini, che al momento vive in una casa alle porte di Milano affinché sua figlia possa vederlo. Resta lecito chiedersi se potrà mai tornare in tv.

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