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La7, Severgnini attraversa un’America che dice ancora tanto

Il documentario “Atlantico-Pacifico”, andato in onda sabato sera su La7, fa una radiografia delle aspettative, le paure e i sogni dell’America alla vigilia delle elezioni di novembre.
A cura di Andrea Parrella
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Non c'è dubbio che l'eccezionalità del mito americano faccia ancora delle vittime, o meglio che qualcuno ne avverta ancora le recrudescenze. Ad un ventiquattrenne che si trovi ad avere ventiquattr'anni oggi, riesce difficile discostarsi dall'ottica dell'America come ce l'ha descritta l'immaginario collettivo. Poi l'America, da vicino, l'hanno vista in pochi, i pochi che hanno potuto tastare il polso a quel continente che è parso sempre l'Eldorado. E nemmeno ora che ci dicono l'America non sia più quella ci sono molti che abbiano potuto capire cosa significhi.

Il viaggio di Beppe Severgnini, un documentario per La7 che ha realizzato traversando il continente americano e toccando la sponda est e quella ovest degli Stati Uniti (titolo evocativo: Atlantico-Pacifico, l'ultimo treno per Obama), voleva misurare le reali possibilità, a pochi mesi dal verdetto, che avesse il presidente democratico di essere rieletto alla presidenza degli Stati Uniti, il prossimo novembre. Un viaggio in treno, di diciotto giorni, immagini mozzafiato, tutta la diversità di una landa immensa che noi, da lontano, fatichiamo a non considerare alla stregua di un semplice ed unico stato omogeneo, a dispetto delle immense criticità che lo caratterizzano.

Quale impressione resta di questo viaggio? Innanzitutto che il nostro cordone ombelicale con l'America è qualcosa da cui non si può prescindere; che nella storia recente è stata sempre la versione esaltata ed ipertrofizzata di tutto ciò che è accaduto anche a noi; che in quanto cresciuti a sua immagine e somiglianza non possiamo che venerarla intimamente; soprattutto, che per quanto essa sia la causa della crisi e del possibile disfacimento di un sistema di cose del quale è assolutamente responsabile, sembra riuscire a compensare e far fronte a questo regresso molto meglio di noi. I problemi esistono, eppure, forse perché visti da lontano, con gli occhi di chi non ha nulla a che spartire, sembrano di portata infinitesimale rispetto a quelli dei colonizzati, che saremmo noi.

La resa televisiva del documento è deliziosa, l'orario esclusivo e Severgnini, in compagnia del giornalista tedesco Karl Hoffmann, sembrava avere la spensieratezza e la curiosità di un ventenne, oltre alle conoscenze di uno un po' più maturo. Pare che Obama sarà rieletto, era giustamente la speranza implicita del documentario, ma ci sono i soliti ma, motivati da una reale incertezza, o dall'esigenza di far passare anche questa vittoria come una grande impresa.

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