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L’era del digitale terrestre

Era davvero necessario il passaggio dall’analogico al digitale? E cosa è cambiato per gli editori e per i telespettatori?
A cura di Fabio Giuffrida
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digitale terrestre

In queste settimane la grande rivoluzione, quella del passaggio dall'analogico al digitale, si sta ultimando. Tanta la confusione e i problemi riscontrati dagli utenti. La prima regione a  passare al digitale terrestre è stata la Sardegna, mentre le ultime saranno Calabria e Sicilia, quest'ultima ancora in attesa della graduatoria di assegnazione dei canali. Passare al digitale terrestre non è stato facile nè per gli editori nè per i telespettatori: gli editori dovranno sobbarcarsi di pesanti spese per sostenere questa "riconversione", questa "rivoluzione", che rivoluzionerà il modo di comunicare. E' ancora troppo presto infatti per tracciarne un bilancio definitivo. Gli utenti sono stati costretti a loro volta a munirsi di un decoder, che  hanno dovuto acquistare a proprie spese e che hanno dovuto installare sul proprio televisore per poi passare alla sintonizzazione dei canali. Operazioni non da poco conto, che di sicuro un anziano non riuscirà mai a fare da solo. Ha bisogno di un sostegno, di un tecnico, ha necessità quindi di pagare un professionista.

Incentivi per gli anziani meno abbienti arrivano dal Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per le Comunicazioni, che ha stanziato un fondo per l'acquisto dei decoder. Potranno beneficiare di un contributo di 50 euro solo coloro che, residenti nelle regioni all digital, siano in regola col pagamento del canone, che abbiano un'età pari o superiore ai 65 anni e che dichiarino un reddito pari o inferiore ai 10 mila euro. Per ottenere il contributo basterà recarsi in uno dei rivenditori indicati dal Ministero, presentando documento d'identità, codifice fiscale, bollettino del canone pagato e autocertificando tutti gli altri requisiti. E' stato deciso dall'alto che d'ora in poi si dovranno utilizzare solo segnali che si basano su "codici binari" come quelli utilizzati dai computer, dai telefoni cellulari o ancora meglio da Internet. Sono 50 milioni gli apparecchi televisivi e ben 20 milioni le abitazioni che in Italia sono passati (e stanno passando) al digitale terrestre.

Più canali disponibili, migliore qualità dell'immagine e dell'audio, questi sono i principali benefici del digitale terrestre, senza tralasciare poi la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico e la maggiore interattività coi programmi tv. Ogni singola frequenza può moltiplicarsi addirittura a 5 o 7 canali (il cosiddetto "multiplex"), e con tecniche più precise, si può arrivare anche a 10. In un momento di grave crisi economica che ha travolto anche il settore editoriale, le tv stanno fronteggiando una vera e propria "invasione" di nuovi canali. Questo l'ha ribadito anche Piero Chiambretti che ha parlato di "600 fratellastri" per Rai e Mediaset. Il passaggio al digitale terrestre avrebbe dovuto favorire l'accesso al mercato di nuovi editori ma in alcuni casi l'effetto è stato opposto con la concentrazione del mercato editoriale nelle mani di pochi (e dei soliti).

Più canali non è sinonimo di maggiore qualità, anzi, considerando la proliferazione delle reti tv, il mercato pubblicitario è costretto a frammentarsi, gli investitori pubblicitari dispongono di un'ampia scelta e ovviamente investono solo nei canali più vantaggiosi in termini economici. Questo comporta un adeguamento delle concessionarie pubblicitarie che, dovendo abbassare i prezzi per la vendita di uno spazio commerciale, fanno confluire meno denaro nelle casse dei gruppi editoriali i quali di conseguenza, disponendo di budget ridotti, non possono più puntare ai grandi eventi o alle trasmissioni di qualità. Preferiranno "riempire" il palinsesto con format comprati, già pronti per l'uso e di dubbia qualità: non vi dice niente il rapporto qualità-prezzo? Esempio pratico: più reality show con starlette low-cost e meno Fiorello show.

Programmi tappabuchi e repliche potrebbero essere l'escamotage per fare fronte alle innumerevoli spese, impoverendo sempre di più l'offerta televisiva. Ma, come stabilisce l'Ue, le frequenze andrebbero revocate a chi non riesce ad organizzare adeguatamente i palinsesti televisivi: ma in Italia le parole distano parecchio dai fatti. Anche i colossi, Rai a Mediaset, devono fare i conti con questi nuovi fratellastri. Come hanno risolto? Moltiplicando anche i loro canali. 15 per il Gruppo Rai, 11 per Mediaset (La5 è la televisione più vista nel dtt nel 2011 , ndr) che servono a racimolare quello share utile a resistere sul mercato. Una frammentazione degli ascolti che abbiamo avuto modo di osservare negli ultimi mesi: se prima un 20% di share in prima serata era considerato un risultato scarso, oggi è più che buono, considerando che fette di pubblico sono state dirottate verso altri canali del digitale terrestre o anche delle pay per view o delle pay tv. E questo è il futuro, inutile negarlo.

Nessun canone per il digitale terrestre, oltre quello, peraltro obbligatorio, che ogni anno i cittadini italiani versano sulle casse della tv di Stato, da sempre oggetto del contendere politico. Un canone in aumento che viene evaso da molti contribuenti e che ha costretto la Rai ad aggrapparsi alla Sipra, concessionaria pubblicitaria. Ma il passaggio al digitale terrestre ha causato più danni alle tv locali: le realtà più piccole, infatti, ad esempio in Sicilia, sono uscite fuori dal mercato, essendo state schiacciate dai grandi gruppi editoriali. Basti pensare alle tv che prima dichiaravano un bilancio zero, magari alle onlus, alle piccole tv che facevano (vera) informazione sul territorio locale, libere da ogni condizionamento politico ed economico. Così non viene affatto favorito il pluralismo dell'informazione. Come faranno adesso le tv locali a riempire 6-7 canali, visto che prima a stento riuscivano a coprire uno? Ricorrendo alle cosiddette "intese", all'unione di più emittenti tv. Una frittata.

Non ci sarà più il beauty contest. Niente regali, ma solo aste: Sky sembrerebbe molto interessata. Questo il commento entusiasta di Andrea Zappia, amministratore delegato di Sky Italia, che ha parlato ai colleghi de Il sole 24 ore:

La direzione presa è coerente con alcuni dei rilievi fatti da noi in passato, partendo dalla necessità di uno stimolo maggiore alla pluralità e alla valorizzazione di un asset come quello delle frequenze. Asset che, sicuramente, ha un valore economico. Credo comunque che quello del Governo Monti sia un passo previsto e dovuto, in linea con molte altre loro scelte di politica economica e con quanto chiesto e ribadito dalla Commissione Europea.

Dall'Ue arriva un regalo a Rai, Mediaset e Tre Italia. Il nostro Governo ha recepito la normativa europea sulla "neutralità tecnologica" che adesso permette agli operatori, in possesso delle frequenze destinate al Dvb-h quelle utilizzate per i telefonini, di convertirle in frequenze per il digitale terrestre. Un modo dunque per raggirare il beauty contest.

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