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L’Eduardo tradotto di Massimo Ranieri

Massimo Ranieri ci riprova con Eduardo, per il quarto e ultimo appuntamento. Il risultato è di certo preferibile agli altri “episodi” per recitazione e scelta degli interpreti, ma resta una criticabile trascuratezza linguistica di fondo.
A cura di Andrea Parrella
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Il supporto video è una lama a doppio taglio per il teatro contemporaneo. Garantisce l'eventualità d'essere amplificato e trasmesso ai più, ma al contempo comporta la possibilità del confronto con chi ha fatto cosa, prima e meglio di te. Di Sabato, domenica e lunedì per la verità, non esistono estratti video di Eduardo De Filippo, autore dell'opera, ma solo la versione filmica con protagonista suo figlio Luca ed una splendida regia televisiva ad opera di Paolo Sorrentino di uno spettacolo con protagonista Toni Servillo. Per i partenopei Eduardo resta intoccabile, per grazia ricevuta e per grandezza riconosciuta a priori. Massimo Ranieri ha cominciato a riproporcelo dalla scorsa stagione, ieri era il quarto (e ultimo) appuntamento col teatro di De FIlippo. Nei precedenti "episodi" aveva riscosso, aldilà dei numeri, critiche pressoché globali, dai teatranti di mestiere, ai semplici appassionati, fino ai napoletani che Eduardononsitocca!

Per la verità l'esperimento di ieri sera, che appariva onesto nei propositi, non è stato negativo. Anzitutto perché il pubblico si è abituato a vedere Ranieri nei panni di Eduardo. Non l'ha ancora accettato, forse non lo farà mai, ma ha tramutato l'aspettativa in uno stato mentale tendenzialmente positivo, o perlomeno neutro. Per i primi tre tentativi, specie Filumena Marturano, che doveva sobbarcarsi il peso del confronto con più precedenti, e anche Questi fantasmi, col fiato sul collo del proverbiale dialogo sul caffè col dirimpettaio professore, alla curiosità dell'attesa si preferiva uno storcere di naso. In secondo luogo gli interpreti di questa quarta tornata, nel complesso, hanno tenuto la scena con una certa personalità. La recitazione è stata di buon livello nell'insieme; Monica Guerritore, su tutti, si è calata con coraggio in un ruolo molto arduo e pesante da personificare. Si ricorda che non ha origini partenopee, il che si è percepito solo a tratti, lontanamente. Massimo Ranieri, provando a guardarlo senza preconcetti, sembra un attore non troppo sui generis, che sul palco fa sostanzialmente il suo dovere, ma non va oltre. Si sono visti molti volti riconoscibili per centinaia di partecipazioni, sparse tra fiction e film in puntate, Rai o Mediaset che fosse, scelti perché espressione diretta ed immediata di napoletanità presso lo spettatore, destinati a compensare l'assenza latente di quella stessa napoletanità.

E quest'ultimo elemento introduce la terza questione, si crede la più importante: quella della lingua. Questo Sabato, domenica e lunedì, rispetto alla drammaturgia originale ha subito una cospicua opera di italianizzazione. La questione linguistica in Italia è annosa e irrisolvibile, tanto complessa sia la varietà e la storia del nostro idioma. L'operazione è stata netta, il tappeto dialettale è stato quasi completamente omesso. Lo stesso Ranieri, nei punti nevralgici di snodo della messa in scena si è sforzato di pronunciare le sue frasi in un italiano che fosse quanto più fiorentino possibile. Ebbene, si riconosce il valore divulgativo di un'operazione del genere, non lo si denigra nei propositi. Il testo dell'opera rimane eccezionale in qualunque modo venga riproposto. Tuttavia la sola critica spontanea è che in uno spettacolo teatrale, almeno in questo, illustrare dove sia ambientata la vicenda non è cosa che competa ai soli riferimenti topografici (l'accenno alle vie di Napoli), ma anche e soprattutto alle cadenze del parlato. Tra ogni dialetto generico e quello eletto come ufficiale, il fiorentino appunto, non esiste un solo scalino, un'unica unità di distanza, bensì diversi livelli intermedi di cui i responsabili ai testi avrebbero dovuto tenere conto. A tratti alterni non si è perso solo il napoletano, ma pure l'italiano regionale.

Per la prossima stagione Massimo Ranieri ha incassato il sì di Mauro Mazza, direttore di Rai Uno, per riproposizioni di Pirandello. Che a tempo debito, senza timore reverenziale, si ricordino di questa importante questione.

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