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Ivan Zazzaroni: “Galeazzi ha pagato la popolarità, si sentiva emarginato negli ultimi anni”

Ivan Zazzaroni ricorda Giampiero Galeazzi a Fanpage.it: “Era l’immagine di Rai Sport, qualche invidia l’ha alimentata”. Mesi fa l’ultima telefonata a cui non riuscì a rispondere.
A cura di Andrea Parrella
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"Dolce e cattivissimo, nei giudizi feroce, il più grande battutista che abbia conosciuto". Ivan Zazzaroni sintetizza così il ricordo di una figura imponente come Giampiero Galeazzi, scomparso a 75 anni il 12 novembre del 2021. Se ne va un personaggio che ha incarnato meglio di molti altri l'evoluzione del giornalismo televisivo, di una popolarità immensa: "Era molto empatico, la gente lo amava, più che un'icona era uno di famiglia". 

Zazzaroni, che rapporto aveva con Galeazzi?

Negli ultimi quattro anni era diventato quasi confidenziale e intimo. A un certo punto ho pensato di essere uno dei pochi che gli rispondeva. Forse qualche collega l'aveva un po' emarginato. Giampiero era uno che non si è mai montato la testa ed era un po' amareggiato per non avere mai ricevuto riconoscimenti in termini professionali.

In che senso?

Credo che fosse rimasto redattore, che non fosse mai cresciuto all'interno dell'azienda. Mi diceva di avvertire un po' di amarezza, plausibile se consideriamo che è stato sicuramente il giornalista sportivo più popolare di sempre, di una popolarità globale, complessiva. Ma lo dico senza polemica, è una cosa che fa parte del gioco. 

Come se la popolarità gli si fosse ritorta contro. 

Forse nella seconda parte di carriera sì. Nella prima parte era ovunque, ha raccontato qualsiasi sport, è legato ad ori importanti alle Olimpiadi e ha raccontato un momento del tennis italiano indimenticabile. Era veramente l'immagine della Rai a livello sportivo e probabilmente qualche invidia l'ha alimentata.

C'è un reperto storico in cui Galeazzi intervista Picchio De Sisti, allora allenatore della Fiorentina, in panchina, durante la partita. Cose che oggi sembrano assurde. 

Non sembrano, sono. Ma erano altri tempi. 

Era espressione di un giornalismo che oggi non è più possibile, o un giornalismo che solo lui poteva fare?

Non era il solo, lo facevano anche altri come Minà. Era possibile perché si creavano rapporti che andavano oltre la professione con gli atleti, gli allenatori, i dirigenti. Oggi con i calciatori è molto complicato perché ci sono tantissimi filtri e soprattutto la gente, per ragioni economiche e di pandemia, non viaggia più. Sotto questo punto di vista quel giornalismo è finito.

Qual era il tratto peculiare di Galeazzi?

Era un uomo di incontri, conosceva tutti e li sovrastava anche fisicamente. Soprattutto era uno di loro, gli facevano gli scherzi come a Napoli il giorno dello scudetto quando Maradona e gli altri lo inondarono. Lui accettava tutto perché sapeva di far parte del personaggi. Galeazzi era un brand, un enorme comunicatore, sapeva lavorare sulle emozioni e le trasmetteva. 

Nella sua versatilità, è stato il primo giornalista sportivo con più registri comunicativi, compreso quello dell'intrattenimento.

Si era messo in gioco a Domenica In con Mara Venier, che con lui aveva un rapporto speciale. Fare queste cose non ti toglie nulla in termini di competenza e poi sono gli altri a chiedertelo, non tu a proporti. Inoltre ti metti in gioco in un settore che ha un'eguale componente di narcisismo, una presenza che viene riconosciuta. 

Un po' come fare Ballando con le Stelle, in fondo.

Sì ma lui è stato il primo a farlo, era trasversale. Io cerco ogni tanto di non fare il buffone e a volte mi riesce (sorride, ndr). Però è divertente così, è un ambiente in cui le invidie e le gelosie sono all'ordine del giorno e c'è anche una componente di provocazione e te ne devi fregare. Forse negli ultimi anni mi sentiva più vicino anche per questo. 

Di cosa parlavate?

Mi mandava un sacco di messaggi, i meme erano divertentissimi, spediva roba spettacolare. 

Quando l'ha sentito l'ultima volta?

Sono andato a ricostruire, l'ultimo messaggio è stato il 16 di agosto. Un messaggio che mi colpì molto fu quello per la morte di Alfredo Pigna, lo definiva una colonna della Domenica Sportiva. Poi ho ricevuto due telefonate sue alle quali non ho risposto perché squillava e poi cadeva la linea. Ho pensato sbagliasse, ero nel pieno del lavoro e non l'ho più richiamato. Col senno di poi mi dispiace.

La vostra esperienza professionale insieme risale al 2003.

Io ero ospite fisso con Boniek a Novantesimo Minuto, era condotto da lui e da Franco Lauro. Mi colpisce pensare che purtroppo oggi non c'è più nessuno dei due. 

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