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Festival di Sanremo 2020

Il monologo integrale di Emma D’Aquino sulla libertà di stampa: “Ogni anno uccisi 80 giornalisti”

La giornalista Emma D’Aquino ha tenuto un monologo sulla libertà di stampa sul palco della seconda serata di Sanremo 2020. “Nel 2019 sono stati 49 i colleghi giornalisti uccisi nel mondo. In media i giornalisti uccisi nel mondo ogni anno sono 80. Non lasciateci soli perché, per citare Gaber, la libertà è partecipazione”.
A cura di Stefania Rocco
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Emma D’Aquino, giornalista Rai, ha tenuto un monologo sulla libertà di stampa durante la seconda serata di Sanremo 2020. Sul palco del Festival ha citato i numeri del giornalismo del mondo, i professionisti che hanno perso la vita mentre cercavano la verità. Ha ricordato i giornalisti che vivono sotto scorta, quelli che in paesi come Arabia Saudita, Egitto e Cina sono stati messi in carcere per avere alzato la testa e cercato la verità.

La libertà di stampa in Italia e nel mondo

Ecco il testo integrale del monologo della giornalista del Tg1: “Pensate che nel 2019 sono stati 49 i colleghi uccisi nel mondo e la cosa incredibile è che è il dato più basso degli ultimi 16 anni. Negli ultimi 20 anni la media è 80 giornalisti uccisi l’anno. Accade nei paesi in guerra, certo, e magari pensate che siano i rischi del mestiere. Sì, è vero ma non solo. Ciò accade anche nei paesi in cui la democrazia è istituita da tempo. Il Messico detiene il record: sono 10 i giornalisti uccisi solo nel 2019. Voglio citare anche malta e la Slovacchia, Daphne Caruana Galizia e Ján Kuciak”. Numerosissimi quelli finiti in carcere:

I reporter finiti in carcere sono stati 89 nel 2019. Quasi 400 sono dietro le sbarre per avere tenuto la testa alta, per essersi avvicinati alla verità, per averla soltanto cercata. Una verità tanto scomoda da essere uccisi o ridotti al silenzio in qualunque altro modo. La metà dei giornalisti dietro le sbarre è detenuta in Cina, Egitto, e Arabia Saudita. Ma nei paesi vicini a noi i colleghi turchi e russi non lavorano in ambiente sereno. Poi c’è la graduatoria, la classifica mondiale sulla liberà di stampa: l’Italia si trova al 43esimo posto. L’Iran è al 170esimo. Ciro l’Iran perché mi ha molto colpito, come donna e come professionista, la decisione delle tre giornaliste televisive iraniane di rassegnare le dimissioni dopo, cito testualmente, “anni di bugie di regime”. Mi ha colpito perché forse non avrei avuto lo stesso coraggio, forse. La  pericolosità del lavoro del giornalista è preoccupante. Sono 19 i giornalisti che vivono attualmente sotto scorta in Italia. Poi ci sono quelli colpiti dalle querele bavaglio, querela che cercano di indurre al silenzio in punta di diritto. L’associazione Ossigeno per l’informazione stima che meno del 10% di queste querele intimidatorie hanno avuto un seguito giudiziario. La querela facile serve a zittire il cronista petulante, ostinato nella ricerca della verità.  Serve a non farci conoscere ciò che accade, serve a creare il buio quando a noi piace la luce. Non lasciateci soli perché, per citare Gaber, la libertà è partecipazione. Il diritto alla verità è per tutti.

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