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Il boom de L’ispettore Coliandro non è un caso

L’Ispettore Coliandro è stato uno dei migliori prodotti sfornati dalla serialità Rai negli ultimi anni. Ascolti incredibili di un prodotto atteso per anni da quel pubblico numeroso addomesticato alle serie tv di qualità e che non si accontenta.
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A cura di Andrea Parrella
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Con la messa in onda della quinta stagione si era assistito all'esplosione di popolarità per il ritorno dell'Ispettore Coliandro. Quel successo è stato una gran bella notizia. Il personaggio interpretato da Giampaolo Morelli, nato dalla penna di Carlo Lucarelli (e da quella dello sceneggiatore Giampiero Rigosi) e diretto dai Manetti Bros è tornato su Rai 2 dopo una "breve" pausa di quasi quattro anni di assenza, registrando risultati sorprendenti, sospinto da una comunità numerosissima che non ha mai smesso di seguire le sorti della serie tv, immeritatemente congelata a causa dei piani di Rai 2 che non prevedevano budget per la serialità televisiva. Picchi da 3 milioni di telespettatori, il miglior risultato di Rai 2 negli ultimi 10 anni, e una media di share sempre rasente il 10%, in una serata televisamente complessa come quella del venerdì. Un effetto casuale e inaspettato, si direbbe. In verità non è così e ci sono varie ragioni che spiegano il boom dell'Ispettore Coliandro.

Il pubblico "nerd" de L'Ispettore Coliandro

L'Ispettore Coliandro è una serie televisiva costruita sapientemente, con intelligenza e ironia, una scrittura anomala rispetto agli standard ai quali è abituato il pubblico italiano, linguaggio rude e diretto, poco che abbia a che fare con la fiction che abitualmente siamo avvezzi a ritrovarci somministrata in prima serata. E chi lo vede, allora? Se lo chiederanno in molti, ma la risposta è semplice e getta un fascio di luce su un pubblico potenziale che si è appassionato a questa serie perché divenuta simbolo di una serialità che in Italia non si faceva e non si fa. Poco importa che in fondo L'Ispettore Coliandro sia un prodotto di genere, che segua tutti i canoni del poliziesco in modo fedele e che non nasca con l'ambizione di diventare un capolavoro: da noi lo diventa perché quando nasce, nel 2005, è in controtendenza rispetto alla norma. E siccome nell'ultimo decennio la serialità televisiva si è propagata in maniera incontrollata, chi si è educato a quel tipo di fruizione è diventato il telespettatore fedele, il geek, il nerd che non può che fare di Coliandro un mito.

Coliandro, un finto bastardo

Coliandro ha un'identità, una personalità, un carattere definito, è un personaggio di sostanza e non effimero, che al contempo non è esplicito ed impone al telespettatore un'indagine per capire chi sia davvero. Di lui non sappiamo nulla relativo al passato, non racconta del suo background, della sua provenienza geografica. Di Coliandro non si conosce nemmenoil nome di battesimo. Giampaolo Morelli veste i panni di un ispettore di polizia goffo, essenzialmente tamarro, poco intuitivo e animato da un machismo fasullo, una finta aria da stronzo-bastardo dietro cui si nasconde per giustificare il suo stare nel mondo e, essenzialmente, per rimorchiare. Sono i tratti di una normalità assoluta: Coliandro pronuncia sempre la frase sbagliata, la sua non è mai la chiosa ad effetto, non ha mai la chiave per risolvere una scena (salvo che in modo grottesco), tanto più un caso. Non riesce mai ad essere il personaggio risolutivo per sua volontà, ma è la sua inconsapevole e sistematica inadeguatezza il punto di svolta di ogni indagine. Il tutto, tra l'altro, in perfetta antitesi con la fisicità e l'estetica di Giampaolo Morelli, un figo alto 1,90 con addosso un giubbotto di pelle. Sono i sintomi di una figura atipica per il notro retaggio, non solo perché banalmente antieroica, ma anche perché tendente ad una consapevole disillusione. L'evoluzione del personaggio di Coliandro lo porta progressivamente a capire di non essere il poliziotto scaltro e di successo che avrebbe voluto. Emblematica, in questo senso, è la frase con cui chiude l'episodio "Salsa & Merengue":

E comunque, come alla fine di ogni storia, mi rendo conto che non ci ho capito niente, ma soprattutto che non ci ho guadagnato niente. Ma sapete che vi dico? Sti cazzi

La solitudine e le donne

La quinta e fortunatissima stagione, fa emergere anche aspetti meno vincolati all'incedere dei casi che caratterizzano ogni singolo episodio. E' sempre più visibile un mutamento conscio di Coliandro, la solitudine di fondo che colora l'ispettore, quella stessa solitudine che un tempo appariva come la scelta di un uomo che non cerca legami. Il flirt con il personaggio femminile di turno (una prassi di ogni differente episodio, che è un film a sé e non accenna mai alle vicende precedenti) diviene di volta in volta sempre meno estemporaneo ed è palpabile, con forza crescente, il desiderio, nostro e dello stesso Coliandro, che non finisca tutto con la sigla finale. Anche nei rapporti interpersonali dell'ispettore persiste un principio di casualità assoluto, per il quale le donne si legano spesso a lui per esigenza di protezione, finendo con l'affezionarsi. Non sembra possibile immaginare una continuità nella vita privata di Coliandro, che leghi dunque un episodio all'altro e questa presunzione sembra trovare conferma nell'episodio doppia identità, in cui l'ispettore perde la memoria e diventa esattamente tutto ciò che vorrebbe essere: scaltro, freddo, impavido. Per questo motivo la protagonista si innamora perdutamente di lui, per poi doversi ricredere nel momento in cui il poliziotto riacquisterà la memoria, tornando ai tratti goffi e timorati.

Perché Coliandro piace?

Perché è tutto fuorché piatto, ha spessore, non si esaurisce in poche puntate nonostante la cornice standard, perché Coliandro è un personaggiocredibile. La serie televisiva è diventata il simbolo di una battaglia per la qualità e la levità che la televisione di Stato, negli ultimi anni, ha completamente eluso. Lo stop temporaneo alla produzione della serie è stato completamente insensato, se non per ragioni di budget alquanto discutibili e la Rai ha perso un'occasione per valorizzare una sua produzione di ampio respiro. Arrivata in ritardo, come suo solito, ha rinnovato Coliandro per nuovi episodi (fortunatamente), ma non per questo il creatore Carlo Lucarelli ha risparmiato la Rai di un commento al veleno: "Ci hanno sempre sottovalutato tutti, a partite dalla vecchia Rai, ma noi sappiamo quanti siamo e che passione abbiamo". Questo boom di Coliandro può essereinterpretato come un segnale, il grido di un pubblico oramai numerosissimo e non trascurabile, che chiede qualcosa di diverso e non si accontenta. Intanto, i saluti di Coliandro dopo l'ultima puntata…

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