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Guardare “The Last Dance” è stata la migliore terapia contro l’isolamento

“The Last Dance” è stato senza alcun dubbio la migliore docu-serie sportiva mai realizzata, la terapia perfetta per i giorni dell’isolamento per l’emergenza coronavirus. Una esperienza che tutti, appassionati sportivi e non, dovrebbero vivere. Una saga di dieci ore che ha regalato, tra luci e ombre, ulteriore lustro a una generazione irripetibile di eroi.
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Una saga di dieci ore che si è conclusa ieri, 18 maggio 2020, su Netflix e che regalato ulteriore lustro a una generazione irripetibile di eroi. "The Last Dance" ha incollato davanti allo schermo sportivi e non, desiderosi di rivivere e conoscere la più grande squadra di basket mai esistita. La conclusione di quello che è probabilmente la docu-serie più vista globalmente, complice anche la pandemia di coronavirus, ci lascia però l'amaro in bocca. Perché, a 22 anni di distanza, possiamo interrogarci sul fatto che quella che fu la più grande delle imprese sportive si sia conclusa in una tragedia.

Il finale di The Last Dance è la fine di un'era

La storia ci dice che dopo quella stagione quella squadra si è disintegrata. Paradossale. Le Finals 1997-1998 regalano ai Chicago Bulls il sesto titolo in otto anni ma il rapporto dei protagonisti, giocatori e dirigenza, semplicemente non c'era più. E infatti, scorrono i titoli di coda e ti fa male quello che è successo dopo: Phil Jackson venne sostituito, Michael Jordan si ritirò nuovamente, Dennis Rodman venne svincolato, Scottie Pippen e Steve Kerr vennero scambiati. Iniziò così la ricostruzione dei Chicago Bulls, che fu in realtà un vero e proprio smantellamento. Ci pensate? Quella fu l'ultima vittoria e l'ultima finale a tutt'oggi. L'anno successivo, con una squadra tutta nuova trascinata dal solo Toni Kukoč, vinsero solo 13 partite su 50.

Un lavoro che alimenta anche ombre sul mito

E benedetti siano Michael Tollin e Jason Hehir che hanno finemente ricostruito il materiale inedito della troupe che seguì l'avventura dei Bulls per NBA Entertainment. Ogni episodio è stata un'emozione diversa. Un lavoro incredibile che bilancia con luci e ombre il mito di Michael Jordan. Chi è cresciuto ricordandolo principalmente per i commercial della Nike e per essere sostanzialmente "amico di Bugs Bunny" (vedi "Space Jam"), cambierà decisamente idea dopo questo documentario. Le parole servono a poco, serve lanciare Netflix e guardare questo capolavoro d'un fiato.

Perché "The Last Dance" è stato senza alcun dubbio la migliore docu-serie sportiva mai realizzata, la terapia perfetta per i giorni dell'isolamento per l'emergenza coronavirus. Una esperienza che tutti, appassionati sportivi e non, dovrebbero vivere.

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