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Franca Valeri vittima delle leggi razziali, l’attrice raccontò: “Mi chiedo come mi sia salvata”

Franca Valeri, morta il 9 agosto all’età di 100 anni, aveva più volte raccontato la drammatica vicenda della sua famiglia milanese, per metà ebrea, spaccata in due dalle leggi razziali fasciste. Nel 1943 suo padre e suo fratello furono costretti a scappare in Svizzera, mentre lei rimase a Milano con la madre grazie a documenti falsi: “Un giorno rientrando vidi la porta socchiusa. D’istinto me ne andai. Dietro quella porta c’erano i tedeschi”.
A cura di Andrea Parrella
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La morte di Franca Valeri giunge in piena estate, il 9 agosto, a poco meno di dieci giorni dal giorno in cui ha compiuto 100 anni. L'attrice, tra gli ultimi grandi volti rappresentativi di una stagione gloriosa per  il mondo dello spettacolo italiano, è stata salutata da pubblico e istituzioni in queste ore, con parole di commiato giunte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.

La storia di Franca Valeri ai tempi del fascismo

A segnare la storia personale di Franca Valeri non è stata solo la carriera artistica di grande successo, ma anche l'esperienza vissuta in giovane età, quando la storia fece imbattere la sua famiglia nelle leggi razziali imposte dal regime fascista, che spaccarono in due la sua famiglia, per metà di origini ebree. "Io mi sento ebrea. Anche se mia madre non lo era. Ma quando ci sono tragedie come le leggi razziali viene a rafforzarsi molto l'identità. E' inevitabile". Queste le parole con cui aveva raccontato, tempo fa, quanto le era accaduto in quegli anni: "Papà era ebreo. Ricordo quando lesse sul giornale la notizia delle leggi razziali e pianse. Fu il momento più brutto della mia vita".

Luigi Norsa, padre di Franca Valeri che all'anagrafe si chiamava Alma Franca Maria Norsa, era di origini ebraiche. Un ingegnere alla Breda appartenente a una famiglia borghese benestante; la madre Cecilia Valagotti era invece di fede cattolica. Quando nel 1938 la promulgazioni delle leggi razziali scosse definitivamente l'Italia, Franca Valeri fu costretta a lasciare la scuola: "Mi ero premunita – aveva detto l'attrice – ero rimasta a casa e feci due anni in uno. Ero al liceo Parini. Per depistare diedi l'esame al Manzoni. Non se ne accorsero. L'Italia ha sempre avuto le sue inefficienze".

La famiglia spaccata dalle leggi razziali

A causa delle leggi razziali il padre e il fratello dell'attrice sono costretti a rifugiarsi in Svizzera, mentreFranca Valeri e sua madre restano a Milano, grazie alla complicità di un conoscente che, lavorando all'anagrafe, nasconde la loro identità. "Ancora mi chiedo come sia riuscita a salvarmi", aveva detto in una delle ultime interviste rilasciate, attribuendo il merito alla fortuna. Al Corriere della Sera aveva raccontato:

"Ci furono tanti italiani coraggiosi e ci furono tanti vigliacchi. Mi salvò un coraggioso: un impiegato del Comune di Milano, che mi procurò una carta di identità falsa. Ho avuto un momento in cui io non ero io. Mi nascosi dappertutto. In Brianza. Sopra Lecco. Poi a Milano, in via Mozart, in una casa bombardata. Sopra di noi viveva una ragazza, molto giovane e bella, che si era appena sposata. Un giorno rientrando vidi la porta socchiusa. D'istinto me ne andai. Dietro quella porta c'erano i tedeschi. Presero la sposina. Non è mai tornata".

Tra i ricordi di Franca Valeri anche quello del 29 aprile 1945, dopo la Liberazione, quando la futura attrice è tra le migliaia di milanesi che affollano piazza Loreto per vedere i corpi di Benito Mussolini, della sua amante Claretta Petacci e dei gerarchi fascisti appesi a testa in giù. "Mia mamma era disperata a sapermi in giro da sola. In quei giorni a Milano si sparava ancora per strada. Ma io volevo vedere se il Duce era morto davvero. E vuol sapere se ho provato pietà? No. Nessuna pietà. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo",

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