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Fiorello vince la battaglia con il Fisco che andava avanti dal 2001

Fiorello versò 125.761 euro all’Agenzia delle Entrate come versamento dell’Irap, l’imposta sulle attività produttive richieste alle imprese stanziali, ma è riuscito a dimostrare di non essere un’azienda: con lui, solo una truccatrice e due autori.
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Il Fisco perde contro Rosario Fiorello. Una vittoria quella del mattatore catanese giusta, riconosciuta dai giudici della Cassazione, per una battaglia che andava avanti sin dal 2001. Negli anni d'oro, quelli degli show in prima serata, Fiorello versò 125.761 euro all'Agenzia delle Entrate come versamento dell'Irap, l'imposta sulle attività produttive richieste alle imprese stanziali. Questo versamento, stando all'attore e conduttore, era da considerarsi non dovuto in quanto Rosario Fiorello non è un'azienda ma un indipendente. Già nel 2008, la Cassazione diede ragione a Fiorello rinviando la decisione alla commissione tributaria regionale, che aveva cambiato il verdetto obbligando al versamento.

La motivazione era da ricercarsi nel successo di Fiorello e nei suoi guadagni, pertanto l'attore non poteva sottrarsi al "presupposto impositivo voluto dalla legge", ipotizzando che il mattatore avesse alle spalle un'organizzazione simile a quella di un'azienda. Gli avvocati di Fiorello hanno subito smentito le ipotesi, parlando di motivazione "insufficiente e incongrua" e concentrata solo sui redditi prodotti dall'artista. I conti in tasca, praticamente.

Fiorello ha così dimostrato di non avvalersi di una impresa ma di un gruppo di persone che lavorano a tempo: due autori, una truccatrice. E ovviamente gli specialisti del lavoro: gli avvocati, un notaio, un consulente del lavoro e uno studio di consulenza legale e tributaria. E i giudici della Cassazione accolgono il ricorso ma rimandano ancora una volta a una commissione tributaria la decisione sui 125.761 euro versati, di cui Fiorello chiede il rimborso. Stavolta, però, la situazione dovrebbe fermarsi qui.

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